Parcheggiare m’è dolce in questo mare. Di guai s’intende. Perché il siciliano ha un concetto tutto suo del posteggio, la sosta stradale è intesa più come concetto filosofico e individuale che come sistema di regole di convivenza civile. Tutto può accadere.

PARCHEGGIO CREATIVOParcheggio 1

Il primo tratto distintivo dell’automobilista siciliano è il parcheggio. Che è sempre creativo, perché suona quasi un’offesa personale il rispetto delle regole. La giustificazione, fondata per carità, è che nelle città siciliane trovare un posteggio decente è più difficile che vincere due volte di fila il Jackpot al Superenalotto, ma, ammettiamolo, l’assenza di luoghi di sosta è spesso un alibi per dar sfogo ai peggiori istinti di inciviltà. La doppia fila è la norma, tollerata con savoir faire mentre solo i più scapricciati si lanciano nella vera sfida, ovvero parcheggiare in terza fila, per lo più bloccando il tratto stradale. Questi siciliani sono dotati di coraggio e di maleducazione di altissimo livello, tanto che, non appena gli altri automobilisti osano lamentarsi, con lento incedere si avvicinano alla vettura e rivolti verso la lunga fila di macchine dietro, urlano: “Minchia come fate? Un minuto l’ho lasciata”.

SEI SICILIANO SE…Parcheggio 2

L’altro segno caratteristico del siciliano al volante è la postura del braccio sinistro. La norma impone infatti che l’avambraccio penda dal finestrino aperto, con le dita che battono sullo sportello seguendo il ritmo della musica che ad altissimo volume arriva dallo stereo dell’auto. Il movimento cambia da maggio sino a ottobre, anzi per la precisione sino all’estate di San Martino. Con l’arrivo del caldo infatti, la posizione cambia, l’avambraccio si alza, col gomito usato a mo’ di perno, mentre la mano si gira in direzione del vento, in modo da orientare quell’alito di aria fresca nell’ascella. Attenzione, solo gli esperti riusciranno a realizzare questa sorta di rudimentale aria condizionata asciuga sudore, inutile improvvisarsi, ci vogliono anni di studi per riuscirci.

NON SEI SICILIANO SE…Parcheggio 3

Non sei siciliano se rispetti i segnali stradali. Per un abitante dell’isola, i cartelli, la segnaletica e in generale le norme del codice della strada sono enigmi di impossibile soluzione e come tali vanno ignorati. Dare la precedenza è un optional come è lo rispettare gli stop, entrambi considerati inutili orpelli della viabilità urbana. Nella categoria degli oggetti inutili, rientrano le cinture di sicurezza, derubricate al rango di camurrie. Le case automobilistiche però se ne fregano delle esigenze dei siciliani e allora hanno dotato le auto di segnali acustici per ricordare di indossarle. Ma si sa, fatta la legge, trovato l’inganno, tanto che in molti hanno fregato il meccanismo inserendo nell’alloggio specifico delle fibbie annulla allarme.

CLACSON E INSULTI

Un siciliano degno di questo nome appena si mette alla guida, constata subito il buon funzionamento del clacson, anche durante il parcheggio. Perché la prima azione da compiere è quella di suonare come forsennati a ogni semaforo non appena scatta il verde. Per ultimo, ma non in quanto ultimo, va ricordato il marchio doc di un siciliano che guida, ovvero il dizionario degli insulti. Per sopravvivere nella giungla del traffico, è necessario conoscere almeno 20 fra offese di vario tipo da rivolgere agli altri automobilisti. La più gettonata è il classico suca, sdoganato ormai anche nelle tesi di laurea e un po’ inflazionato, mentre dà ancora soddisfazioni il sempreverde cornuto tu e tutta la tua razza, che è una sorta di tubino nero degli insulti, sta bene su tutto. In alternativa, si possono sempre usare vatti a rompere le corna, o va scopati u mare, per indicare l’inutilità dell’interlocutore.