Gabriele ha trentadue anni, ha studiato sodo. Si è laureato in Giurisprudenza, poi ha provato l’esame di abilitazione e non è passato. Chi non lo supera si giustifica sempre dicendo non ho santi in paradiso e forse sarà anche vero, ma quando parlo con lui neanche si permette a farne accenno. “Non l’ho passato, punto”.
MISERIA, MISERIA E MISERIA
Mentre molti amici se ne vanno, lui rimane. Mentre gli altri fanno i camerieri a Londra, gli operatori di call-center a Edimburgo, gli agenti immobiliari a Barcellona, lui resta a Palermo e siccome i rubinetti sono chiusi, Gabriele deve lavorare e continuare a studiare. Nulla di strano, sono in molti a farlo. La società cambia: cinquant’anni fa, a trentadue anni eri padre di famiglia, oggi devi ancora diventare uomo all’inseguimento delle tre M che come diceva uno scrittore sono macchina, moglie e mestiere, ma che spesso a Palermo sono miseria, miseria e miseria. E non certo per colpa di Gabriele.
SIGNORE E SIGNORI, LE STARTUP
Ed ecco la startup perché in Italia siamo pieni di gente che dice dobbiamo fare le startup e di conseguenza siamo pieni di giovani che fanno startup. L’idea non è né innovativa, né unica, ma segue un filone ben preciso e in crescita: quello della canapa e quindi della cannabis light. Tre mesi, il tempo di tinteggiare il negozio, comprare, montare scaffali e vetrine, ordinare la merce, creare la clientela “che varia dai signori di un certo garbo ai ragazzi, appena maggiorenni” e poi iniziare a guadagnare, mica per arricchirsi, no, solo per coprire i costi di investimento prima e di gestione dopo.
LO SPACCIATORE
Gabriele non vuole fare questo nella vita eppure certi momenti, pensa che sì, in effetti può diventare un cuscinetto più che redditizio. Ma poi alla fine l’Italia delle startup decide lei cosa fare di lui e di altri quindicimila che con la cannabis light ci fanno 150 milioni di euro. Il fatto è che lo Stato tre anni fa diceva, sì puoi venderle. Oggi, invece, vendere i derivati della cannabis light è reato proprio perché lo dice lo Stato, attraverso la Cassazione. E quindi Gabriele, lo spacciatore, svuota gli scaffali e mette nello scatolone circa 1500 euro di merce perché ancora non ha capito se può o meno venderle e rischiare una denuncia non è il caso, ci mancherebbe solo multa. Ma non è questo il punto.
NON SONO STATO IO
Il fatto è che con la cannabis, Gabriele aveva trovato un posto nella società. Si sentiva un piccolo eroe che aveva tolto alle mafie, una certa percentuale di commercio illegale e che adesso tradito dalla Stato, non sa dove andare a sbattere le corna. Precipitando in un paradosso, ripensando che con la sua laurea in giurisprudenza forse sarebbe stato meglio fare la valigia o comunque cancellare quanto fatto, mandando al diavolo startup e simili e al ritiro dell’ennesimo risultato dell’esame di abilitazione, certamente non passato perché senza santi in paradiso è complicato, rispondere non sono Stato io.
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