Quando la gente parla dell’Africa non ha idea di quello che dice, parla dell’Africa e ingloba tutto un universo. Come dire mare senza specificare quale, se quello caldo mediterraneo oppure quello freddo della Norvegia. E il colmo è che oggi io scrivo questo articolo senza sapere assolutamente nulla di quel continente, ma conosco Federico che vorrebbe tornarci e che ci prova a spiegarmi il perché, ma io proprio non lo capisco, continua a dire Africa, ma non lo dice come me che non ho senso dell’orientamento. Vuole riprendere l’aereo, tornare. Nonostante lì abbia preso la malaria per ben due volte.
ATTRAVERSA IL CONFINE E POI MI DICI
“L’Africa non è un unico blocco di terra – mi racconta – le persone che l’abitano non hanno le stesse tradizioni. Attraversa il confine fra Sud Africa e Mozambico e poi mi dici. L’Africa è troppo grande per poterla descrivere, è superficiale e troppo semplice raccoglierla sotto un solo nome”, a vent’anni voleva viaggiare, ribellarsi alla vita quotidiana: “Di giorno studiavo per l’università – continua – e di notte cercavo associazioni che si occupavano di volontariato”.
INSEGNARE IN AFRICA
Una di queste associazioni lo arruola come formatore di informatica e inglese in Mozambico dove si parla il portoghese: “Qualche problema con la lingua, poi dopo qualche giorno sono riuscito ad ambientarmi”. Ed a proposito di ambiente: “Bastava fare una passeggiata per trovare scuole elementari costruite con fango e pietre, classi di almeno quattro decine di bambini seduti a terra sotto un albero o in mezzo alla polvere che ripassavano l’alfabeto”.
LA FUGA DAL NIDO
Fin qui Federico vi sembrerà il classico giovane in preda alla voglia incosciente di conoscere, di fare una semplice fuga dal nido e poi tornare a casa da papà. In realtà dentro di lui c’è grande personalità, grande fermezza di carattere. Andare in un luogo dove si fa la fame fa già una certa selezione, se poi vi dico che è anche un vegetariano convinto? “Dovevo essere disposto a scendere a compromessi – racconta – in città è facile trovare l’alternativa totalmente vegetale (A Nampula, nel nord, ci sono mercati fornitissimi), nei paesini ancora qualcosa si può trovare. Nei villaggi sperduti in mezzo al nulla, invece, bisogna fare i compromessi maggiori”.
UN VEGETARIANO IN AFRICA
Ok, ma che mangia un vegetariano in Africa? “Le uova erano praticamente ovunque (sebbene in alcuni casi ci fosse qualche sorpresa dentro – pulcino morto per sbaglio o uovo andato a male) e spesso nei paesini arrivavano tristemente tutti i prodotti delle grandi multinazionali come la Nestlé o la Coca Cola quindi molto spesso si potevano anche trovare latte in polvere o condensato. Carne era impossibile da trovare (le uniche vacche che ho visto erano magrissime), al massimo pesce secco (ma quello lo mangiavano i volontari più audaci). Nei mercati di paese era possibile trovare qualche verdura ma tutto dipendeva dalla stagione delle piogge che quell’anno tardava ad arrivare e quindi i raccolti erano stati minimi. In altre zone del paese, però, era possibile trovare verdure a volontà”.
LE DIFFICOLTA’
Per cui i virus sono dietro l’angolo, dico bene? “Prima di partire pensavo che un occidentale che gode di piena salute, supportato dai vaccini fatti prima della partenza, non avrebbe avuto modo di ammalarsi. Quanto mi sbagliavo. Ho capito che noi occidentali abbiamo un sistema immunitario che non è pronto ad affrontare molte delle malattie che è possibile trovare fuori. Bisogna stare molto attenti a quello che si mangia/beve/tocca perché semplicemente non siamo in grado di proteggerci al 100%”. E quindi, durante i primi due mesi Federico ha perso quindici chili fra diarrea, vomito e altro: “Ho preso la malaria (due volte) e poi, dopo che ho camminato a piedi scalzi su delle rocce, ho ritrovato dei sassolini sotto la pianta del piede e un’infezione che stava per salire fino alla caviglia”.
IL MAL D’AFRICA
Le infezioni, le malattie, la fame: è questo il mal d’Africa? “Sono passati dieci anni da quando sono stato in Mozambico ma ancora oggi, in qualche momento della giornata, sento odori, suoni, situazioni, che mi riportano lì immediatamente. Ed è una sensazione inquietante perché potrei non ricordare cosa ho fatto durante questi dieci anni (potrei anche non ricordare cosa ho mangiato ieri sera) ma non riesco a cancellare questi ricordi, per fortuna”, questo è il mal d’Africa.
Playlist: Africa – Toto
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