In ogni tavola siciliana degna di questa nome, lei è la regina, Sua Altezza Serenissima, la parmigiana di melanzane. Le famiglie custodiscono la ricetta come reliquie, mal volentieri rivelano i segreti di questo piatto che solo a un occhio inesperto potrebbe sembrare semplice. A parole appare una bazzecola affettare questa pianta al punto giusto, friggerla, condirla col miglior sugo di pomodoro mai ideato dall’uomo e spolverarla con il formaggio. All’atto pratico realizzare una stupefacente parmigiana di melanzane è un’impresa degna dei migliori chef.
ORIGINI DI UN MITO
Senza questa pianta prodigiosa, le tavole degli italiani non sarebbero le stesse. E pensare che non si tratta di una varietà autoctona, ma importata dagli arabi nel Medioevo. Le tesi storiche indicano che l’ invasione araba dell’ Andalusia la portò in tutta l’ Europa meridionale e che in Italia arrivò dalla Sicilia. L’accoglienza non fu delle migliori. Per gli arabi erano “uova del diavolo” che, se consumate a crudo, potevano dare mal di testa, insonnia. Tale era il terrore verso le melanzane che nel 1513, l’ agronomo Gabriel Alonso de Herrera sostenne che “gli arabi le portarono in Europa per uccidere con essa i cristiani”. In altre parti d’Europa, come l’Occitania, furono invece accusate di indurre alla tentazione, in virtù di prodigiosi effetti afrodisiaci.
IL SUCCESSO
Superate le diffidenze iniziali, gli europei e in particolare gli italiani hanno imparato ad amare questa pianta e soprattutto a cucinarla in molti modi diversi. Tale è il successo di questi piatti prelibati che varie regioni si contendono la paternità delle ricette. Il dibattito più acceso riguarda per l’appunto la parmigiana di melanzane.
A COLPI DI MELANZANE
A Napoli rivendicano di essere stati i primi a inventare questo piatto gioia per il palato, con il cuoco Vincenzo Corrado che nel ‘700 cucinò per le famiglie aristocratiche la primissima versione della celebre ricetta. Al posto delle melanzane però c’erano le zucchine che venivano fritte nello strutto e poi insaporite con parmigiano e burro. Un’altra versione antica della Parmigiana partenopea risale al 1839 quando Ippolito Cavalcanti in “Cusina casarinola co la lengua napolitana” scrisse: “E farai friggere le melanzane e poi le disporrai in una teglia a strato a strato con il formaggio, basilico e brodo di stufato o con salsa di pomodoro e coperte le farai stufare.”
NACQUE A PARMA?
Anche a Parma si vantano di essere stati gli ideatori di questa ricetta. A confermarlo sarebbe il chiaro richiamo già dal nome alla città emiliana. Nel XV e XVI secolo con il detto “cucinare alla maniera dei Parmigiani” si indicava l’usanza di preparare vegetali a strati. Dal XVII secolo in poi, invece nei ricettari “cucinare alla parmigiana” divenne semplicemente sinonimo di utilizzo del celebre formaggio.
LA PROVA INCONFUTABILE
La parola definitiva sulla paternità della parmigiana di melanzane arriva dall’Accademia della Crusca che condivide le teorie del linguista Fabio Ruggiano,. Nel suo libro ““Peccati di Lingua. Le 100 parole italiane del gusto”, Ruggiano propone la sua teoria sull’origine del nome del piatto sostenendo che tra Parmigiano e Parmigiana non ci sarebbe nessun nesso. Parmigiana deriverebbe da parmeciana, termine con cui nel siciliano ottocentesco si indicava una “persiana fatta di stecche di legno posizionate come pioli di una scala, una sopra l’altra”. La forma di questa persiana richiama la disposizione a strati sovrapposti delle fette di melanzana fritte. Secondo il linguista, “la ricetta ha assunto il nome per via metaforica dall’oggetto casalingo”.
LA PARENTE GRECA
Ad avvalorare la tesi di un’origine siciliana del piatto sarebbe anche la possibile derivazione del nome dalla parola turca patlıcan‘ e/o da quella araba ‘al-badingian‘ (in queste lingue le consonanti p e b si pronunciano allo stesso modo). Sia nella cucina araba che in quella turca esiste un piatto in qualche modo simile che è passato nella cucina greca con il nome di moussakà.
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