Maestro Camilleri, un si siddiassi, ma noi la buttiamo a ridere. E ricordiamo agli amici che le vogliono bene che lei è diventato famoso nell’età della maturità, diremmo suo malgrado, ma tanto famoso da essere oggetto della più audace delle beffe, una di quelle che sono il termometro della popolarità. A metà tra lo sberleffo e l’imitazione, che del resto Fiorello qualcosa ci ha lasciato. Non sappiamo chi sia stato, ma chiunque abbia osato imitare il suo stile l’ha fatto dopo attento studio.
STORIA DI UNA BUFALA
La storia, narra di un suo scritto, falso come un uovo di gatto, contro un altro siciliano di rango, quel Francesco Merlo che dalle colonne de La Repubblica ha narrato l’Italia e la Sicilia con l’acume di pochi. Una lettera aperta in cui si possono riconoscere i suoi toni, maestro, e a cui la perfidia allo stato puro che trasuda dai social ha dato slancio e vita.
IL FALSO CAMILLERI
La data è quella del 24 novembre del 2011, il falso fu concepito dopo l’alluvione della zona di Saponara dove persero la vita 35 persone. Il bersaglio del falso Camilleri è il giornalista, peraltro suo conterraneo, e per suo tramite quella pletora di siciliani pensanti che in quanto tali talvolta appaiono lucidamente critici nei confronti della terra natia.
VENTIMILA CONDIVISIONI
Come fu, come non fu. l’attacco di Camilleri prende subito il volo, perché dietro allo sberleffo ci sarebbe il sito del Movimento Sicilia Libera. E le condivisioni fioccano, oltre 20.000, perché Camilleri fa sempre notizia, figurarsi poi quando intinge la penna nella soda caustica. Peccato che a scrivere non sia mai stato Camilleri.
CRONISTI INGANNATI
Smentisce lo stesso Merlo, ma la valanga è già partita e non si può fermarla a colpi di tweet. Il compiacimento, peraltro, invase subito la rete, internet diventò voce incessante, il megafono trasse in inganno più di un cronista. Noi che lavoriamo d’immaginazione, proviamo a smitizzare lo scherzo indirizzando una sorta di recensione autentica da contrapporre al falso Camilleri.
IL NOSTRO GIOCO DI FINZIONE
Se volete, un gioco di finzione, di specchi e di rimbalzi. Così, per non pensare agli eventi tristi che in questi giorni la riguardano. Si diverta, maestro. In rete eSiste ancora sia l’articolo di Francesco Merlo che la falsa risposta di Camilleri. Chi ne ha desiderio può ricostruire i fatti. Dalle prossime righe in poi si fa l’analisi del falso, come se fosse vero.
LETTERA FALSA, RISPOSTA VERA
Camilleri lo chiama Ciccio, dalla riga numero 1 all’ultima di questa accorata difesa d’ufficio che si trasforma in un contrattacco degno di dispute letterarie di cui s’è perso il sapore per l’inconsistenza dei duellanti del nostro tempo. Camilleri non tradisce il suo stile, rinnega la facile battuta che avrebbe occupato per giorni e giorni le pagine dei social, il suo colpo ad effetto è una sola parola, Ciccio, nascosta tra le mille che argomentano il suo ironico e corrosivo dissenso. Una timpulata a Merlo, considerato un fratello minore, al quale continuare a ricordare che le origini hanno un senso e dimenticarle è colpa grave.
LO CHIAMA CICCIO
Ma non è tanto della singolar tenzone che vogliamo occuparci quanto del metodo che il papà di Montalbano ha utilizzato. In quel Ciccio c’è tutta la storia e il sapere di un’antica mente siciliana, il gusto dello sfregio che non lascia traccia sul corpo pur restando indelebile dentro, c’è l’esigenza di fottersene se non a tutti sia chiaro il significato di quella che sembra una banale trasformazione gergale del nome e invece è sostanza pura perché questo è un gioco tra iniziati.
IL GRAFFIO DEL GATTONE
Il primo provoca, in maniera dotta e con una spruzzatina snob che quando un siciliano parla di Sicilia non guasta mai, l’altro è un gattone che non ha bisogno di camuffamenti, ma altroché se graffia. E lo fa nel modo che meglio conosce, non dimenticando di sventolarti l’eredità dei padri, ma fondamentalmente prendendoti per il culo.
L’ESSERE SICILIANO
Basta quel Ciccio per comprendere la differenza tra chi prova a lasciare il suo essere siciliano chiuso in uno scrigno e chi invece te lo sbatte in faccia; tra chi prova a ragionare solo con la testa e chi allinea testa, cuore, pancia e forse scende ancora più giù a sud dell’ombelico perché su certi argomenti niente resta fuori.
LA DIFFERENZA CON TOTO’
Ciccio non è come Totò, non è la stessa cosa. Non c’è un Salvatore in Sicilia che almeno un giorno non sia stato Totò, da piccino come da adulto. Anzi, certi Totò sono eterni, se lo sei da bambino lo rimarrai per sempre, senza fastidi, una forma siciliana esibita non solo con indifferenza ma persino con orgoglio. Pensate a Cuffaro, per esempio. Un Totò per tutta la vita.
GIU’ LA MASCHERA, FRANCESCO
Sarà forse perché Salvatore è un marchio del sud, un nome che al di sopra della Campania è difficile da trovare e che Francesco è più universale. Oseremmo dire che chi ti chiama Ciccio ha un secondo fine, presuppone una familiarità con l’interlocutore, il sapere chi sei e da dove vieni. Giù la maschera Francesco, per me sei Ciccio: è questo il non detto.
LA REAZIONE DI MUSOTTO
Queste cose mi hanno aiutato a capire la frequenza con un Francesco – Ciccio. Parlo di Musotto, uno che conciliava due vocazioni, la politica e l’agricoltura. La professione forense fu il legame illegittimo per tramandare la tradizione di famiglia. Quando a Palazzo Comitini, qualcuno per adescarlo lo chiamava Ciccio, scattava inesorabile la sua condanna : “Ma cù t’ha vistu mai…”, a volte detto in faccia con un sorriso ironico che lasciava all’interlocutore il dubbio dello scherzo, altre urlato ai suoi collaboratori a significare che del tizio che profanava il suo nome non c’era da fidarsi.
LA PERFIDIA
Tornado a Camilleri, da poco ha compiuto 93 anni, età che non accetta compromessi. Vedere la Sicilia maltrattata da quelli che definisce luoghi comuni gli avrà fatto girare i cabbasisi oltre il normale. Se provate a levare la parola Ciccio la sua falsa risposta a Merlo perde efficacia. La perfidia del Ciccio è il regalo che l’anonimo imitatore gli ha voluto fare. Accompagnato dalle nostre mani che applaudono.
Playlist: Io sono Francesco – Tricarico
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