Ormai il tema migranti è diventato virale e mainstream. Vogliono tutti inserirsi nel dibattito per avere qualche like in più. Si è espresso ogni singolo italiano in merito alla Sea Watch 3 e al capitano Carola Rackete che forzando l’alt della Guardia di Finanza è entrata nel porto di Lampedusa: politici, giornalisti, cittadini di destra e di sinistra. Poi è arrivato Luigi, tecnico alta frequenza tv, per lavoro è salito sulla nave, senza pregiudizi, ed è tornato a casa diverso. Qualcosa dentro di lui è cambiato.

WELCOME ON BOARD
Luigi Vitale Sea Watch

Quando Luigi sale sulla Sea Watch 3, insieme a giornalisti e cameraman, per lavoro, scopre che, nonostante tutto ciò che è stato detto da social e televisioni, l’italiano medio non sa che vuol dire scampare a una traversata della morte. Nonostante la buona volontà dell’equipaggio, le condizioni sono al limite dell’accettabile. E Luigi stesso fatica a resistere a bordo. Le, poche, coperte dei migranti sono fatte di un tessuto pesante, sotto il piccolo gazebo che protegge dal sole, e che non basta per tutti, si crea una sorta di effetto serra. Ci sono 30/40° e, al tocco, l’imbarcazione fatta d’acciaio, sembra lava bollente. C’è puzza, e i servizi igenici funzionano a malapena a causa della mole di naufraghi. Luigi si immedesima negli sguardi tristi degli sfortunati passeggeri che vorrebbero solo toccare terra e torna a casa sconvolto. Poi, scrive sui social alcune parole. Così sincere da essere tra le migliori scritte sulla questione.

LE PAROLE DI VITALE

“E poi ci sono quelle esperienze che ti cambiano per sempre.
Sono stato dentro la Sea Watch a contatto con questi poveri uomini per 4 ore a 40 gradi in mezzo al mare in condizioni igieniche precarie.
Già soffrivo dopo 1 ora e pensare che loro stavano lì da 15 giorni.
Non avevo il coraggio di guardarli negli occhi, mi sentivo troppo fortunato difronte a tanta sofferenza.
Non vedevo l’ora di tornare sull’isola ma quando finalmente toccammo terra mi resi conto che su quella nave avevo lasciato una parte di me.
Non mi interessava più sapere e cercare di capire di chi fosse la colpa, politica business o che so io, speravo solamente che quegli uomini approdassero il prima possibile.
Non riuscivo a dormire al pensiero, quella sofferenza credo sia contagiosa.
Ringrazio la Comandante e l’equipaggio per aver reso fine a tanta sofferenza non solo di quei poveri “immigrati” ma anche mia e di tutti noi”.

 

Pubblicato da Luigi Vitale su Lunedì 1 luglio 2019

STORIA DI UN PESCHERECCIO

Luigi quel giorno incontra anche dei pescatori, uno di loro gli racconta una storia che in pochi sanno. “Siamo obbligati, da sempre, durante le nostre battute di pesca, a soccorrere la gente in difficoltà. Ma prima allo Stato non importava. Adesso è una moda. Una volta recuperati e fatti salire a bordo dobbiamo contattare le forze dell’ordine per comunicare la situazione e farci aiutare nella difficile traversata. E invece -racconta il pescatore-, non si è fatto vedere mai nessuno”. Tutto a spese loro quindi. Con le piccole imbarcazioni che devono anche mettere a disposizione quel poco che hanno sapendo che non basterà per tutti  e i piccoli commercianti non verranno neanche risarciti. Il pescatore allora è grato alle ONG. Ma la situazione attuale lascia qualche strascico di amaro in bocca. Soprattutto in questo momento storico dove sembra comandare il trend topic più che l’umanità.

PLAYLIST: Domenico e Massimo Modugno – Delfini