Una foto scattata a Lampedusa un pò di tempo fa ci consente di capire quale può essere la forza dirompente delle immagini. Non è stilisticamente perfetta, ma trasmette emozione. Anzi, per dirla tutta fa venire i brividi. L’intensità degli sguardi del bambino e di chi lo tiene in braccio non ha bisogno di commenti.
LA FOTO DEI CANNOLI
La foto è immagine statica, fissa, precocemente considerata superata e talvolta anche un pò retrò rispetto all’immagine televisiva, ormai regina e padrona del reportage. Eppure la forza dirompente della foto non può essere messa in discussione. Pensate, per esempio, allo scatto che documentò nel 1978 la fine di Aldo Moro, rannicchiato nel bagagliaio della R4 in via Fani a Roma. Oppure, restando alla cose di casa nostra, la celebre foto dei cannoli (firmata da StudioCamera di Michele Naccari e Franco Lannino) che macchiò oltre le sue colpe giudiziarie – e per sempre – il presidente Totò Cuffaro.
LAMPEDUSA E I SOCIAL
Nessuna ripresa televisiva avrebbe potuto avere l’efficacia di quelle immagini che saranno anche statiche ma che nel racconto di quell’istante rivelano un’intera storia. La foto di Lampedusa, tornata in auge via social a ridosso del caso Carola Rackete, è più efficace di qualsiasi editoriale. Arriva dritta al cuore e al cuore del problema. Basta guardare quel bambino e il suo salvatore per capire l’essenza del problema.
PRIMA LA VITA
Sarà anche vero che le regole sono necessarie. Sarà anche vero che l’Europa lascia all’Italia il cerino acceso in mano e che Lampedusa è avamposto dimenticato. Ma di fronte al sorriso del bambino ogni discorso è superfluo. Prima la vita, prima la salvezza, prima l’umanità. Poi tutto il resto. E ancora grazie all’anonima mano che tremante ha scattato questa foto a Lampedusa. Qualche anno fa, anche se purtroppo sembra ieri.
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