Un compositore poetico che strizza l’occhio al teatro. Tra Jeff Buckley e Rosa Balistreri, Alessio Bondì, palermitano classe ’88, con chitarra e voce, incanta e conduce lo spettatore in un viaggio onirico. E’ un musicista dai ritmi sognanti e armonici fortemente legato alla sua terra e alle sue radici, sentimento che esprime cantando in dialetto siciliano. Sfardo (strappo), il suo primo album, è stato rilasciato in ben dieci nazioni e i testi tradotti in sei lingue. Ha vinto vari premi tra cui quello De Andrè per artisti emergenti e il suo secondo album Nivuru (nero) è un progetto di nove 9 brani che tratta temi importanti e profonde riflessioni.

JE SO’ PAZZOAlessio Bondì

Come nasce la passione per la musica?. Difficile da spiegare. “E’ talmente bella che basta ascoltarla per innamorarti”. Allora Alessio condivide uno dei suoi primi ricordi, un momento illuminante. “Ascoltavo queste cassette various artist dei miei genitori, un mix atipico: dalla disco italiana a Celine Dion. E c’era anche qualche pezzo di Pino Daniele che mi prendeva particolarmente. Uscivo dalla macchina e canticchiavo a me me piace o’ blues e non capivo neanche cosa dicesse, ma sentivo empatia con questo modo di vivere la musica”.

UN DOLCE RICORDO

Inizia tutto con una chitarra. “Un soprammobile che mamma suonava da ragazza. Durante l’infanzia non l’ho mai notata. Poi mio fratello maggiore iniziò a utilizzarla e mi intrigò”. Alessio non ha fatto scuola, è autodidatta. La mamma lo vedeva strimpellare e gli suggeriva il nome delle note. “Quello è un DO”. Diceva. “Si? Bello!” Rispondeva Alessio soddisfatto. “Mi piaceva emettere suoni con gli strumenti. Mi feci regalare un basso e ci esibivamo in casa con mio fratello”.

ASCOLTATORE SERIALE?

Alessio non è ossessivo nell’ascolto, ma investiga molto tra le nuove proposte, a modo suo ovviamente. “Anche riguardo gli strumenti non sono metodico, il mio stile è più rapsodico. Vado di palo in frasca e non mi fisso su un genere. Ho pochi dischi e non mi piace sentirmi incatenato alle cose che possiedo. La mia qualità più importante è sapere ascoltare, ho realizzato tutto tramite l’ascolto”. Quello del cantautore è anche metaforico: Alessio attraverso l’udito si apre alla vita. “Fa parte del nostro essere primitivi. L’udito è il senso che ti connette al pericolo, drizzare le orecchie può significare salvezza. Un sesto senso”.

FUORI DAGLI SCHEMI

Le armonie di Alessio non sono schematiche e accademiche, anzi, la ricerca continua di spunti interessanti viene direttamente da quei suoni che molti non conoscono. “Ho sviluppato capacità e senso del gusto partendo dai miei errori. Quando sono libero di assumere posizioni che non esistono con la chitarra, nascono dissonanze uniche. Come in Sfardo, il mio primo album o Cafè, brano del secondo

CAFE’

Una canzone che ha un momento, nella parte arpeggiata, totalmente fuori dagli schemi. “Alla seconda strofa c’è un RE difficilissimo da individuare, ritmicamente, siamo stati giorni e giorni senza capire quando il gruppo avrebbe dovuto inserirsi. Però è una delle armonie più emozionanti del pezzo. Arriva come una pugnalata in un momento imprevisto”.

GENERI E RITUALI

“Non mi distacco totalmente dal concetto, ma aderisco al principio divino della musica. Per me non è mettere play mentre fai le pulizie, credo che connetta ad un altro mondo, o forse a questo stesso, sfondando il muro di cartapesta che viviamo ogni giorno”. Anche l’afrobeat ha grande influenza nella vita di Alessio. “Si sviluppa nel ’70 in nigeria grazie a Fela Kuti che creò una sorta di funk con una grande matrice africana. Il mio secondo disco è influenzato da questo periodo. In realtà è una musica molto spirituale che socialmente aveva un impatto fortissimo. Kuti era molto attento alla spiritualità, dopo la morte della madre è addirittura impazzito e cominciò ad approfondire la presenza degli spiriti con rituali”.

MEMORIE DAL VIVO

Alessio Bondì ama i live. E preferisce quelli un po’ più piccoli, in localini di cinquanta persone dove siedi a stretto contatto con la gente. “Ho nel cuore parecchi concerti, sia grossi che piccoli, ricordo quello a Torino, una settantina di persone con cui si è creata una connessione fortissima. Poi c’è la storia stupenda della serata ad Amburgo in Germania. “Mi hanno stupito i feedback, parole meravigliose. Una signora di settant’anni ha detto che ero riuscito a farla commuovere nonostante ormai non provasse più nulla”.

LA PRIMA VOLTA AL BIONDO

Non si scorda mai. “Una serata che ho nel cuore, una consacrazione da parte della città. In quel periodo ero andato via con l’intenzione di vivere all’estero e intanto ideavo il concept del concerto tutto da solo e con pochi mezzi. Ci ho lavorato tantissimo, inoltre, il disco era uscito da pochissimo e non sapevo quanto le persone ne fossero affezionate. Quando ho visto il Teatro pieno e che tutti, alla prima canzone, cantavano in coro mi è mancato un battito del cuore. Come quando ti innamori la prima volta”.

EMOZIONE

Ne parliamo da tutta l’intervista ed è presente dentro di te e nei tuoi brani. Domanda secca: cos’è l’emozione? “Mi ammutta e mi illumina, quando sento quella sensazione la cerco e la inseguo. Ti solleva dalla pesantezza della vita. A volte mi sento come quelle lampadine che inizialmente rilasciano poca luce ma via via diventa più intensa”. Siamo tutti un agglomerato di questioni irrisolte. Puoi fare analisi o riti magici. Poi c’è la musica che è di per se magia. “Attraverso di lei puoi sciogliere quello che hai dentro”.

IU CANTU ACCUSSI

Quando arriva qualcuno con un vocabolario diverso inizialmente ti coglie alla sprovvista, ma ti aiuta a interpretare quello che hai dentro. “Cantare nella propria lingua è un’esperienza potentissima. Conservo nel cuore chi mi dice che è bello cantare con il groppo in gola le canzoni in siciliano. Farlo nella lingua che ti è negata da piccolo -perché magari volgare- è un regalo che la mia città ha compreso”.

Alessio Bondì

 

PLAYLIST: 92100 – Tinturia