Andrea Camilleri e la Rai siciliana, quando essa occupava a Palermo i locali di via Cerda. Una sede che è stata per molti artisti e giornalisti il punto di partenza negli anni a cavallo tra i ’60 e i ’70. Basti ricordare quel contenitore domenicale chiamato Il Ficodindia che ha ospitato, in varie vesti, personaggi del calibro di Pino Caruso o Pippo Baudo. Oppure il Gazzettino di Sicilia, nome della testata giornalistica regionale, rampa di lancio per professionisti come Albino Longhi, Enzo Aprea o Michele Mangiafico, solo per citare chi ha avuto spazio anche sul palcoscenico nazionale.

L’AMMIRAZIONE DEL MAESTRO

Camilleri in via Cerda c’è stato solo di passaggio, il concorso da programmista regista gli assegnò da subito la sede di Roma. Però da buon siciliano guardava alle stanze di Palermo con una certa ammirazione, svelata nel corso di una passeggiata tra i ricordi di un tempo ormai andato.

C’ERA UN’ARIA DI FAMIGLIA

“Che volete, sarà stato un atteggiamento un pò provinciale, ma per i siciliani la Rai era via Cerda, con quelle stanze buie ma che erano impregnate di storia, tutti a contatto con tutti. Giornalisti e tecnici, programmisti e impiegati che dividevano gli spazi. C’era un’aria di famiglia, lì dentro sono nati amori e famiglie. E diverse leggende della televisione”.

LA RAI E IL SALOTTO CULTURALE DI PALERMO

Sembra un paradosso per chi ha frequentato uffici e studi dove si faceva la televisione da copertina, quella che finiva in prima serata. Spiegava Camilleri che “i sentimenti seguono percorsi curiosi. La Rai era nel cuore del salotto buono di Palermo. C’era la libreria Flaccovio all’angolo della strada che era molto di più che un negozio di libri e Ricordi stava di fronte sotto i portici. Il teatro Massimo era a 100 metri, il Politeama lo raggiungevi nel tempo di consumare un cono gelato. La Rai era perfettamente incastonata nel contesto di quella che poteva definirsi l’elite culturale di Palermo”.

LE STANZE DEL MISTERO

“E poi, per dirla tutta – ricordava ancora Camilleri – nelle stanze di via Cerda si respirava una certa aria di mistero. Il tanto non detto tipico dei siciliani lì dentro era moltiplicato per mille. I giornalisti parlavano con gli occhi, di mafia quanto di politica. Le parole non si sprecavano. E poi i mille riti, dalla moviola che selezionava le immagini da montare alla riunione della giuria popolare, che, come in tutte le sedi d’Italia, era chiamata a esprimere i voti per Canzonissima. Lasciatemelo dire, in via Cerda c’era l’orgoglio dell’appartenenza che non sempre in Rai era visibile”.

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