Qualche tempo fa vengo a sapere dell’opportunità di prendere dei biglietti quasi gratis per il traghetto per la Grecia, macchina inclusa. Le uniche due condizioni erano l’acquisto pressoché immediato (entro la mezzanotte di quel giorno) e il fatto che in nave, per usufruire di quella promozione obiettivamente molto conveniente, avremmo dovuto viaggiare in poltrona. Niente cabine letto.
CHISSENEFREGACi ho pensato dai due ai tre minuti netti, anche perché erano già le 23,40, e ho acquistato. Mi son detto che sì, è vero che il traghetto parte di sera e viaggia la notte fino all’alba, e prima devi comunque arrivare fino a Brindisi da Palermo, almeno nove ore di macchina, MA: chissenefrega. La traversata fino al porto di Igoumenitsa dura appena 8 ore, mica una settimana! I MITICI VENT’ANNIMa soprattutto mi sono tornate in mente tutte le volte che, a vent’anni, coi miei amici, in particolare con Rosario, squattrinati com’eravamo, andavamo a Cefalonia o a Patrasso con quello che all’epoca si chiamava “passaggio ponte”. Una cosa che al confronto la poltrona era una suite di lusso. Buttati tutta la notte all’aperto su un tappetino improvvisato, o sulle scialuppe di salvataggio sulla parte esterna della nave, o su panchine umide, che se c’era mare mosso ti arrivavano spruzzi d’acqua continuamente.
BIONDE O BRUNE, PARI SON…E comunque il vento marino ti entrava nelle ossa e l’indomani all’alba ti ritrovavi tutto incriccato. E però qualche stiracchiata, un paio di caffè ed era tutto ok. In più, non di rado capitava nottetempo che socializzassimo con qualche biondissima (o brunissima, non è che facessimo discriminazioni cromatiche) fanciulla del Nord Europa o di qualche altro imprecisato posto del mondo.
L’ERA DEL WALKMANHai presente, sacco a pelo, una o più birre, un libro, un walkman e le cuffie (allora si usavano ancora quelli): individuarle era un attimo e il sogno di mirabolanti conquiste erotiche era lì davanti a noi, in quell’aria carica di umido e di sale in piena notte, su una nave più o meno sgangherata da 70 mila lire andata e ritorno moto compresa.
DA COSA NASCE COSA?Come finivano le mirabolanti imprese? Ad improvvisate conversazioni in un inglese improbabile e poi, quando magari iniziavi a sperare che da cosa potesse nascere cosa, lei scendeva al porto prima del tuo, o arrivava qualcuno, lei doveva andare. E, see you one day, magari un giorno you come in Sicily or I come in Oslo. UNA VOLTA ERA COSI’…Almeno ci fosse stato già Facebook per restare in contatto! Invece niente: forse vi piacevate pure, ma come l’avresti mai ritrovata? E comunque: incriccato o no, la notte di viaggio all’addiaccio era passata, non avevi chiuso occhio, ma non ti eri certo annoiato. Questo, una volta. VOGLIO UNA SPAVeniamo ad oggi. Oggi che da 50enne hai fatto il figo (per non dire lo sfigato morto di fame, che suona male) e ti sei preso la poltrona come fossi un ragazzino. Entri in nave dopo la levataccia e le nove ore di guida che già avresti bisogno di una Spa per riprenderti. Mangi un panino per cena e non vedi l’ora di buttarti su un letto come minimo di piume d’oca. LA NOTTE IN POLTRONAMinchia, allora realizzi che non hai letto: la notte ti tocca in poltrona. Va bene, pensi, se trent’anni fa viaggiavo sul ponte della nave, figurati se adesso mi deve fare impressione una certamente comoda poltrona! Risultato: dopo un quarto d’ora che ci sei seduto su smanii: senti freddo senti caldo, stai scomodo, hai mal di schiena, devi stendere le gambe che ti si gonfiano, insomma… un disastro! ULISSE TI SPICCIA CASANiente paura: sei sempre tu quel vecchio lupo di mare, quello che viaggiava di notte gocce di mare in faccia che al confronto Ulisse ti spiccia casa, usciamo! Ore 1,30, prua di una nave che non era quella che riportava i nostri eroi a Itaca dopo vent’anni trascorsi per mari a combattere nemici, conquistare Troie (le città!!), sedurre o farsi sedurre da donne mezze dee. NIENTE SIRENENo. Qui non ci sono marinai o guerrieri Greci, né sirene al cospetto delle quali farsi incatenare per non esserne irretiti. Quel che peggio è che non ci sono manco le nordiche giovanili chiome al vento che ricordavo di tempi evidentemente, ahimé, ormai per me lontani, quelle che se non erano sirene poco ci mancava. INTORNO A ME VEDO…Intorno a me vedo una nutrita comitiva di chiassosi ragazzini pugliesi o giù di lì, intenti a ridere sonoramente e soprattutto a sfondarsi di canne. Alcuni uomini soli, forse camionisti, dall’aspetto non precisamente da chierichetti usi a servir messa la domenica, sparsi qua e là, un paio di più o meno allegre e numerose famigliuole balcaniche o forse russe, infreddolite, con le donne ricoperte di sciarpe e mantelli dai colori discutibili. MOGOL E BATTISTI? MA QUANDO MAIE picciriddi buttati addosso a loro e nerboruti mariti in pantaloncini e petti villosi, aggrappati a bottiglie di birra, ed emittenti a intermittenza suoni gutturali dal senso incomprensibili. Se Battisti e Mogol fossero stati lì, La canzone del sole non l’avrebbero mai scritta: di bionde trecce, occhi azzurri e poi, manco l’ombra. LA MIA CONQUISTACerco un posto dove sedermi, magari che possa fungere da improvvisato giaciglio, nella malcelata propensione a riproporre l’immagine vintage di altri viaggi di un tempo che fu. Individuo una panchina, è nel punto più alto, domina il mare da più lati. Decido che fa al caso mio, la conquisto, mi siedo, sto un po’ a guardare il mare intorno nel buio nero della notte. IO ONNIPOTENTEPer qualche minuto mi sento invaso da una sensazione di onnipotenza, come se da lassù dominassi non solo il mare infinito, ma anche il tempo e i pensieri. Subito dopo però la dura realtà torna a bussare: sono stanco morto, in quelle condizioni Morfeo non verrà a mai a darmi ristoro col sonno, il vento umido mi sta entrando pure nell’anima e la schiena mi ricorda -anche lei, stronza- che non ho più vent’anni. IO FANTOZZIANOMa sono ostinato (o scemo): rientro dentro nella sala poltrone, tranquillizzo chi è con me circa il fatto che non mi sono buttato in mare e sto bene, prendo un sottile materassino che ci siam portati dietro e torno fuori alla mia panchina da Poseidone che tende più al fantozziano che al mitologico. IO LARGO, PANCHINA DISPETTOSAArrangio un giaciglio, ma c’è questo antipatico inconveniente che io sono largo, mentre la panchina, dispettosa, è stretta, che per entrarci disteso mi devo mettere in una posizione da ballerino russo danzante leggiadro. Non fa niente: ci entrerò! E ci entro. FARE PACE CON LA REALTA’Ma il resto del viaggio, e di quella notte, e delle condizioni psicofisiche in cui sono arrivato a destinazione sull’amato suolo ellenico, non ve lo racconto. Magari non sembra, ma ho un residuo di dignità ancora da preservare. Posso solo dirvi che se per caso vi assale la nostalgia di quello che fu, vi consiglio di fare pace con la realtà: il tempo passa! Playlist: We shall dance – Demis Roussos
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