Correva l’anno 1999, ed ero in terza elementare. Marco, il mio compagno di banco, mi invita ad andare a pranzare a casa sua il sabato. All’uscita della scuola ci viene a prendere sulla mitica sua Jeep rossa, il sig. Natale Picano, suo papà. Dopo il pranzo a base di pasta al forno, Natale mi chiama mostrandomi una foto: “Chi è quel signore lì?”. “Ma sei tu Natale! Mi com’eri giovane”. “Bravissimo. E quello che mi stringe la mano?” All’epoca ero già un patito di calcio: riconobbi subito che era Diego Armando Maradona. E fu così che scoprii che il padre del mio compagno di banco aveva giocato in Serie A.

GLI INIZI AL TRAPANI

Natale Picano in campo era un giocatore vecchio stampo. Con questa definizione non si intende il classico macellaio ma il difensore/centromediano, che fa sempre quel che serve, sull’uomo come in impostazione.  Dopo essersi formato nella Bacigalupo  inizia la carriera al Trapani. Col sodalizio siciliano gioca 235 partite, quasi tutte in C, che lo rendono dei giocatori più presenti di sempre della squadra granata: “A Trapani sono cresciuto. Sono arrivato lì ancora studente, figurati che mi sono diplomato lì. Detengo il record di presenze consecutive, cinque campionati consecutivi senza saltare una partita. E’ stata un’esperienza bellissima”.

IN CADETTERIA

Per Picano l’esperienza al Trapani è un trampolino di lancio. Il compianto Ernesto Bronzetti inizialmente lo chiama a Campobasso e successivamente al Taranto, dove debutta in Serie B. Cinque stagioni tra seconda e terza serie, di cui quattro senza saltare una partita: “Lì mi sono misurato con il calcio vero. Era un periodo in cui in Serie B ti scontravi contro grandi giocatori giocando contro squadre di piazze importanti”. Diventa uno degli idoli dello stadio poi intitolato al suo compagno di squadra, Erasmo Iacovone. Dopo la fine dell’esperienza in Puglia Natale passa alla Casertana, in Serie C. Dopo una stagione arriva la chiamata del Palermo, appena retrocesso dalla cadetteria.

A PALERMO

La permanenza in rosanero per Natale Picano è però di breve durata: “Stavo per tornare al Taranto, quando mi chiamò Bronzetti, da poco tornato al Palermo. Mister Rosati voleva in realtà Polenta, non me. Giocai solamente in Coppa Italia, fino a quando non è arrivato Claudio Ranieri, mica uno qualsiasi. Poi sono andato alla Ternana, chiamato da mister Salvemini, che mi aveva già voluto a Caserta”. Per Natale Picano mister Salvemini si rivela una figura decisiva: “Aveva grande fiducia in me. Dopo la Ternana restai fermo fino a novembre. Poi mi chiamò per andare all’Empoli. Arrivo un mercoledì e domenica già gioco contro il Catania. Vincemmo 1-0”.

IL DEBUTTO IN SERIE A

I toscani disputano un campionato d’alta classifica che culmina, per lo scandalo calcioscommesse che coinvolse il Vicenza, con una promozione. A 34 anni Natale si ritrova in Serie A. La prima partita la gioca contro l’Inter di Trapattoni, che in attacco schiera il tandem Rummenigge-Altobelli: come avere la versione di greco e latino il primo giorno di Liceo Classico. Il fortino toscano, retto da lui e dal portiere Drago, regge l’onda d’urto nerazzurra e il gol di Osio consegna alla storia una delle sorprese più eclatanti delle prime giornate di Serie A. Per via di uno scontro  di gioco con Magnocavallo in una partita di Coppa Italia contro la Lazio, Natale gioca solo 10 partite ma ha il modo di confrontarsi contro i giocatori più forti dell’epoca. Mancini, Vialli, Platini, Giannini, Laudrup, Virdis…

CONTRO D10S

E ovviamente Maradona, fresco di titolo mondiale, nella sua migliore stagione di sempre: “Giocammo al San Paolo davanti a 80.000 spettatori. Perdemmo 4-0. Avere davanti Maradona è la stessa cosa di ritrovarsi in strada e vedersi davanti un’extraterrestre. Cosa puoi fare? Al tempo era all’apice, le partite le vinceva da solo”. Non a caso in quella stagione il Napoli trionfò in campionato vincendo il suo primo scudetto.

NEGLI ANNI MIGLIORI

Finita l’esperienza empolese Natale torna a Trapani, per chiudere il cerchio della sua carriera calcistica dove tutto era cominciato, contribuendo alla salvezza dei granata in C2. Nell’era del massimo splendore del calcio italiano ha giocato in tutte le categorie:.” A precisa domanda su quali sono stati i giocatori più duri da affrontare la risposta a tratti sorprende. “Un giocatore che era difficile era Aldo Cantarutti. Giocava all’Atalanta e al Catania, le craniate che ci siamo mollati in area non erano normali. Ho sofferto un sacco Giordano, poi alla Roma c’era Baldieri, giocatore sgusciante. Contro il Verona ho incontrato quello che per me era il più forte Elkjaer. Sempre contro l’Hellas mi è toccato marcare Briegel sui calci d’angolo, fisicamente era bestiale”.

INDIETRO NEL TEMPO

Il sabato a base di vagonate di pasta al forno e partitelle pomeridiane a Mondello sarebbe diventato una tradizione consolidata, alla quale si sarebbe poi unito il nostro vicino di banco, Marco 2 ma senza vendetta. Se son diventato quello che sono  lo devo anche a Natale. Soprattutto in termini di panza. Anche se quando giocava con noi si impegnava solo per evitare che ci azzuffassimo, lo vedevi comunque che era di livello superiore. Ricordo ancora quando ci mostrò i cimeli della sua carriera, tra cui una maglia azzurra firmata NR con il numero 10. Testimonianze di un grande calcio, diverso da quello attuale: “Ai tempi miei – conclude – il livello era molto più alto e c’erano veramente grandi campioni. Oggi in Italia c’è poco talento e non riusciamo a valorizzarlo. Inoltre non possiamo competere economicamente con le follie che si vedono all’estero e questo incide”.

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