Violentare una donna fino a qualche decennio poteva non rappresentare reato. Disonorarla era un modo per sposarla, anche contro la sua volontà. Un rifiuto da parte della donna al matrimonio riparatore, soprattutto in Sicilia, rappresentava un affronto e una vera e propria condanna. Una svergognata, una che non andava più sposata. Era il 1963, quando l’alcamese Franca Viola, protagonista della nostra storia, si fidanzò con il consenso dei suoi genitori con il giovane benestante del paese, tale Filippo Melodia, nipote del mafioso Vincenzo Rimi.

L’AFFRONTO

Il fidanzamento durò qualche mese, fino all’arresto del Melodia, accusato di furto e di associazione mafiosa. Bernardo, il padre di Franca, non la prese bene e ruppe quel fidanzamento ufficiale. Un affronto insopportabile. Viola era consapevole dei rischi che avrebbe corso, ma sua figlia era molto più importante delle conseguenze. Iniziarono le minacce e le intimidazioni. Durante una notte, i mafiosi incendiarono l’intero vigneto dei Viola, che vivevano di agricoltura. Stessa fine per un casolare di proprietà della famiglia di Franca. Qualche giorno dopo un uomo, vicino alla famiglia Melodia, puntò una rivoltella alla tempia di Bernardo e gli disse: “chista è chidda che scaccerà la testa a vossia“.

IL RAPIMENTO

I Melodia non si fermarono, purtroppo, soltanto alle intimidazioni. Il giorno di Santo Stefano del 1965 dodici uomini armati entrarono a casa della famiglia Viola, devastarono la casa e, dopo aver picchiato la madre, rapirono Franca e il fratellino Mariano di soli 8 anni. Iniziò per la giovane un vero e proprio dramma: violentata, malmenata, segregata per ben sette giorni, digiuna, in un casolare vicino ad Alcamo. Dopo una settimana, nel giorno di capodanno, fu trasferita a casa della sorella di Melodia.

LA PACIATA

Dopo una “fuitina” seguiva la “paciata”. Di solito era servita così da parte del padre dello sposo: “Amunì, ormai quel che è fatto è fatto, i picciotti si vuonnu bieniri”. E così andò: Melodia padre chiamò Bernardo Viola, che disse sì al matrimonio riparatore. Ma era solo un inganno concordato con la polizia, che dopo poche ore fece irruzione nella casa della sorella del Melodia. Gli agenti liberarono Franca e arrestarono i colpevoli e i complici di quel rapimento.

LA MORALE DEL TEMPO

Franca, non più illibata, disonorata da quella violenza non voluta, per tutti i paesani dell’epoca diventò una svergognata. Pure la sua famiglia perse l’onore e il rispetto del paese, perché non accettò di darla in sposa al rapitore che, nel frattempo, fu condannato a 10 anni di carcere per violenza carnale, più due anni di soggiorno obbligato in provincia di Modena. Il reato compiuto, però, per la legge italiana poteva essere estinto totalmente nel caso in cui Franca avesse accettato il matrimonio riparatore. Ma la giovane alcamese, nonostante un processo in cui gli avvocati del Melodia le mossero innumerevoli colpe e accuse, perfino quella di essere consenziente all’atto sessuale, non ne volle sapere.

L’OMICIDIO DI FILIPPO MELODIA

Dieci lunghi anni in cella, scontati fino all’ultimo giorno, non bastarono come punizione per Filippo Melodia. Alla fine dei due anni di dimora obbligati a Modena, quando ormai pregustava il suo ritorno in Sicilia, l’uomo morì ucciso da mano ignota nei dintorni della città emiliana, con un colpo di lupara alla nuca.

LA FINE DEL MATRIMONIO RIPARATORE

Il 5 agosto del 1981, dopo numerose interpellanze parlamentari e manifestazioni popolari, iniziate durante il processo per Franca Viola, i legislatori abrogarono l’articolo 544 del codice penale, mettendo la parola fine al vergognoso matrimonio riparatore. Franca Viola, nonostante l’onta subita, sposò ugualmente il ragioniere Franco Ruisi, che non si curò delle chiacchiere del paese e del rischio di ritorsioni. Con Ruisi, Franca ebbe due figli. L’8 marzo 2014, in occasione della festa della donna, Franca Viola fu insignita al Quirinale dall’ex presidente Giorgio Napolitano dell’onorificenza di Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, per il coraggioso gesto di rifiuto del matrimonio riparatore che ha segnato una tappa fondamentale nella storia dell’emancipazione delle donne nel nostro Paese.

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