Ciascuno di noi ha un anno che è chiuso nel baule dei ricordi e che ogni tanto esce dalla sua comoda quanto polverosa dimora e viene a farci visita. Il mio è il 1982, condiviso con intere generazioni di appassionati di calcio. Perché, sia chiaro, è di calcio che si parla, di quella lunghissima stagione che ci portò tra mille polemiche al trionfo del Mundial di Spagna, dell’Italia di Bearzot e dello scopone in aereo con il presidente Pertini, di Zoff Gentile Cabrini Oriali Collovati Scirea, inizio di una filastrocca ripetuta a memoria, omaggio riservato alle squadre immortali.

GIORNALISTI DRIBBLATI

L’Italia di Paolo Rossi, delle eleganti piroette di Bruno Conti, dell’urlo viscerale di Marco Tardelli. Gli azzurri del silenzio stampa imposto da un mister che già di suo parlava poco e non si fece scappare l’occasione di dribblare i giornalisti e condividere il mutismo con i suoi discepoli a lui pari nell’evitare la prima pagina. Gente come Zoff, Causio, Tardelli e Scirea, Altobelli e Gentile che avrebbero preferito una decina di giri nelle montagne russe del Prater di Vienna piuttosto che trovarsi un microfono sotto il naso.

CUORE AZZURRO E ROSANERO Montesano

Quella fu la nostra Italia, più di quella delle notti magiche del ’90 o dell’altro trionfo del 2006, scandito dalle urla di Fabio Caressa e dalle prodezze di Buffon, Cannavaro, Grosso, Totti e Del Piero. Una Nazionale che pure nascondeva il colore rosa sotto la maglia azzurra, perché a quell’epoca Zamparini il presidente lo sapeva fare e per davvero. Ma il 1982, a chi quel rosa lo porta stampato sulla pelle, è anche l’anno di una squadra amata anche se per nulla vincente, quella che sedusse e illuse che il digiuno di serie A potesse fermarsi solo a una decade, un’altra a cui fu riservata l’onore della formazione ripetuta a memoria. Dalla cintola in su faceva così: Gasperini, De Stefanis, De Rosa, Lopez, Montesano. E dietro Piagnerelli, Volpecina, Pasciullo, Vailati, Di Cicco, Silipo, un sestetto non di minore pregio.

PIU’ DI GUIDOLIN E DELIO ROSSI

Quel Palermo, ultimo acuto rosa di un’epoca romantica che durò il tempo della nostra giovinezza, chissà perché, è rimasto nella memoria collettiva tanto quanto le squadre di Guidolin e Delio Rossi che dio solo sa quanto ci hanno fatto godere. C’era qualcosa di epico in quelle maglie rosa, in tutti i loro componenti una spruzzatina di unicità, una storia da raccontare, un pezzetto di calcio e di vita che era lo specchio reale dell’inizio di quel decennio, sintesi perfetta e contraddittoria dei mitici anni ’60 miscelati ai più ruvidi ma non meno creativi ’70.

DRIBBLARE AL BANO E ROMINA

I dribbling di Montesano o le corse sfrenate di Vailati cosa altro furono se non il residuo di quella gioiosa anarchia all’italiana? E le acrobazie di De Rosa, il nostro eroe dal destino segnato, erano pure note di rock&roll sia pure nell’epoca in cui Romina ci imporrava il Ballo del Quaqua e nella versione moglie di Al Bano incideva la sua ricetta di Felicità. Come pure i voli d’angelo di Piagnerelli, capelli al vento e occhi lucidi come se avesse appena conosciuto l’amore e invece era lo stupore per quella palla intercettata laddove non pensava di arrivare. E c’era la beata ignoranza, calcisticamente parlando, di Volpecina e Pasciullo, bimbi sottovalutati perché non facevano i fighetti, ma che lasciata Palermo conobbero il calcio di Maradona e tanti anni di serie A.

SILIPO, MIO CAPITANOPalermo_1981-1982

E vogliamo parlare di Fausto Silipo, il capitano e unico difensore a vincere il premio nazionale Chevron per il giocatore dal migliore rendimento stagionale, lui che a Palermo non c’era nato ma che la scelse e l’amo più di uno dello Zen. Oppure di Di Cicco, che appartiene alla categoria degli inimitabili per serietà e dedizione, o ancora di Gasperini che già allora, poco più che ventenne, discuteva di filosofia del calcio essendo credibile proprio come adesso. E ci ricordiamo della potenza di De Stefanis e del genio di Lopez come di perle rare, anche dopo aver visto all’opera Pastore, Vazquez, Corini e compagnia cantando, non proprio pupini del subbuteo.

TRA RENNA E GUCCINI

Di loro ci innamorammo sino a diventare cretini, tanto da pensare che quella truppa in fila indiana dietro a Mimmo Renna ci avrebbe restituito l’onore perduto in tanti, troppi anni di serie B. Non andò così, ma i rimpianti non hanno mai offuscato la nostalgia di quella stagione. È perché gli eroi son tutti giovani e belli, non c’è altra spiegazione, con il permesso di Francesco Guccini. Era il 1982 e quel calcio che ancora puzzava di canfora continua a giocare tutti i giorni dentro di noi. E ci commuove. Chiamate la neuro, voi che potete.

Playlist: Season of the witch (Al Kooper & Mike Bloomfield)