Brunilde, Rossella, Fifì, Viciuzza, Argentina, Ecate, Cerbiattina, Chopper, Regina: sono alcuni dei nomi delle caprette di Rossella Calascibetta, una donna di 48 anni, laureata in filosofia, che ha fatto una scelta di vita importante e, dopo tante peripezie, gratificante: Rossella ha deciso di dedicarsi ai suoi animali e alla produzione di formaggi caprini. Una vera e propria prelibatezza, oggi prodotti di nicchia nei pressi del territorio di Monreale.
I CANI DI MANNARA
Tutto ha inizio trent’anni fa, quando l’ex marito di Rossella, a quel tempo fidanzato, appassionato di razze autoctone siciliane, le regala due cani di mannara. Il cane di mannara, anche detto mastino siciliano, è una razza antichissima della nostra isola, usato per la guardia delle greggi. Un cane pastore che ha ispirato anche la fantasia dei siciliani, che usano appellare come cani i mannara bambini e adolescenti un po’ troppo vivaci. Per far sentire nel suo ambiente quei cani, Rossella comprò delle capre, costituendo la cosiddetta mannara. Inizialmente due maltesi. Successivamente aggiunse alcune capre messinesi e poi delle argentate dell’Etna: “Per anni – racconta Rossella – ho convissuto con capre e cani, collaborando con un’associazione a tutela dei quattro zampe, sino a quando però il fine era la salvaguardia e non la speculazione”.
LA NASCITA DEL CASEIFICIO
La morte del padre e dello zio, i susseguenti problemi economici e un’intolleranza alimentare al latte di mucca e di pecora, suggerirono un’idea: quelle simpatiche caprette, fino a quel momento avevano bivaccato sul suo terreno come veri e propri animali domestici. Era arrivato il momento di farle lavorare: “Il latte ed i formaggi di capra sono ottimi per chi soffre di intolleranze – spiega la casara – molto meglio di deprimenti formaggi di soia e di riso. Così, dopo che le capre avevano per anni saccheggiato il mio giardino, decisi che dovevano rendermi qualcosa: il loro prezioso latte. Mi sperimentai nella caseificazione in modo empirico, seguendo consigli di anziani pastori. Anche se in Sicilia non c’è una storia di caseificazione di caprini. Proseguii con il metodo scientifico, acquistando testi molto specifici e lavorai per un po’ in un caseificio di San Giuseppe Jato. Lavoravo il loro latte di mucca e di pecora e, a fine lavorazione, il mio. Ma non mi bastava. Cominciai a frequentare dei corsi in Lombardia, in una realtà diversa dalla nostra per mentalità e metodo. Poi decisi di tornare e, con la collaborazione del mio ex marito, che mi ha messo a disposizione un locale nel cuore di Monreale, ho iniziato a costruire il mio piccolissimo caseificio”.
STRADA IN SALITA
La storia di Rossella ispira: amo gli animali, ho un terreno, mi viene un’idea, la metto in pratica e mi sistemo a vita. È un po’ il sogno di tutti, trovare l’idea giusta e realizzarsi. Ma non sempre la strada è in discesa, soprattutto per la miseria umana che ci circonda. Per la tenace imprenditrice, protagonista del nostro racconto, non è stato facile: “Ho dovuto cercare un altro luogo in cui portare le mie capre, poiché era praticamente impossibile riprendere possesso dei miei vecchi terreni. La strada per arrivarci, in mia assenza, – aggiunge – è stata riempita di sbarramenti e catenacci. Tra l’altro in due venerdì diversi furono avvelenati i miei due cani di mannara. Ho affittato parecchi posti nella speranza di risolvere questi problemi ma in uno di questi ho subito una denuncia chilometrica e ho quindi deciso di allontanarmi”.
LE CAPRETTE TI FANNO CIAO
Dopo quattro anni di peripezie, Rossella ha acquistato un terreno nei pressi del Monte Moarda e ha realizzato un sogno. Oggi ha 120 capre, con cui ogni giorno parla e lavora: “Lei ha un cane? – mi risponde quando le chiedo in che senso parla con le capre -. La sua domanda sarebbe già esaustiva, ma aggiunge: “Se ha un cane certamente gli parla e lui la comprende alla perfezione. Uguale. Noi comunichiamo: sono più loro che chiedono, a dire il vero. E mi fanno capire cosa vogliono. Viviamo in armonia, tutto qui!”. Sveglia all’alba e tanta fatica ogni giorno per mamma Rossella, che nel frattempo ha anche avuto il tempo per fare tre figli che nutre, neanche a dirlo, anche con il latte, lo yogurt e i formaggi delle sue straordinarie capre. Una nuova Heidi? – mi permetto di dire: “Magari! – risponde divertita la donna – In quel cartone animato i parti non andavano mai male e se qualche animale si perdeva lo ritrovavano. E, soprattutto, – conclude – Heidi non doveva lottare con burocrazia, vicinato e problemi economici”.
Playlist: Heidi – Elisabetta Viviani
Be the first to write a comment.