Non pensate sia facile prendere per i fondelli un bambino di 8 anni. A quell’età ogni apparentemente insignificante variazione delle abitudini familiari ha la dimensione del grande cambiamento. E il piccolo cervello avvia la catena dei perché. Perché la porta del soggiorno è chiusa? Perché padre e nonno sono assieme dietro a quella porta a parlare fitto fitto? Perché madre, regina solitaria della cucina e per sua volontà priva di aiutanti, mi tiene lì a riordinare stoviglie?
IL REGALO DI COMPLEANNO
Era il 17 gennaio, più o meno un’ora prima di cena. E in quel catino si stava apparecchiando la più grande sorpresa che l’io bambino si potesse aspettare. Il regalo di compleanno certo che me lo aspettavo, ma avevo adocchiato in sala una scatola di medie dimensioni con la tipica carta di Studer, un marchio e una garanzia per i palati fini di giocattoli.
IL FORTINO
Invece, complice Studer, la grande sorpresa fu quando finalmente si aprì la porta del soggiorno e sul tavolo apparve la meraviglia. Un fortino che neanche ad Alamo, i soldatini schierati a difesa delle mura, fucilieri, fanti e cavalieri ad occupare ogni spazio disponibile in quella meravigliosa architettura del West a cui il cartone pressato conferiva l’aria del vissuto.
IL TIFO PER GLI INDIANI
E fuori le mura un accampamento indiano, Cherokee e Sioux pronti a dare battaglia, maestosamente selvaggi, curati in ogni dettaglio del loro abbigliamento non meno affascinante di quello dei soldati. Io tifavo per loro, perché riducevo ogni cosa del mondo alla dinamica del calcio. E siccome preferivo gli attaccanti…
L’INGANNO
La sorpresa fu merito di Studer. Giorni prima c’ero andato con mio padre a chiedere proprio quel fortino che avevo visto in una pagina pubblicitaria di Topolino. Era in bella vista, ma il signor Studer – almeno penso fosse lui – mi disse che era già stato prenotato e che era l’ultimo disponibile. Se ne sarebbe parlato fra un mese per averne un altro. Ovviamente era già d’accordo con mio padre. Quell’unico esemplare era riservato a me. Segretamente.
LA MAGIA DEL COGNOME
Studer è uno dei tanti nomi magici di Palermo, esotico come Caflish, unico come Hugony, come se a Palermo un negozio non potesse diventare famoso se già nell’insegna non portasse qualcosa di particolare. Marketing involontario, potremmo chiamarlo così oggi che a distanza di anni alcuni di essi sopravvivono ma non hanno magari niente a che spartire con il passato. Studer invece è ancora legato alle sue origini, a quel 1930 che orgogliosamente Marcello, amministratore dell’azienda, sottolinea nel suo profilo facebook.
LA SEDE DI VIA NAPOLI
Per me Studer era una suggestione, un simbolo di benessere perché mai uscii deluso da quei negozi. L’odore di certi giocattoli, entrato allora nelle narici, non è uscito più. La sede storica era in via Napoli, ma l’attività conobbe tante altre zone della città. Ricordo la villetta di via Libertà e pensavo già alle ragazzine quando prese piede il negozio di via Marchese di Roccaforte.
IL PRESENTE E’ L’INFANZIA
Oggi il target di Studer è leggermente variato, anche perché di giocattoli se ne trovano dappertutto, dalle edicole ai grandi magazzini, per non parlare di internet. Sempre di bambini si occupa, privilegiando però l’età dell’infanzia. I giocattoli, in percentuale irrisoria rispetto al passato, sono sempre di gran qualità, ma calibrati sempre su questa fascia d’età. Dietro alle vetrine di Studer oggi sognano le mamme. A noi bambini di allora ci restano i ricordi. Adesso scusate, ho un Cherokee ferito da curare dopo l’assalto al fortino…
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