Ninetta la nana stava a ciondolare all’incrocio tra Via Francesco Paolo Di Blasi e Via Libertà, perennemente abbracciata a una bottiglia di Forst piena a metà (che volentieri usava come arma, contro i tantissimi che le stavano antipatici…).
STAVA LI’
Impossibile non notarla, con quelle sue mise stravaganti e quei suoi cappellini. Stava lì, sempre e come sempre, barbona di quartiere, motivo di incazzature per quelli dei palazzi della zona, forse misconosciuto genius loci. Stava lì, Ninetta, e pareva che lì fosse per germinazione spontanea nata e lì sarebbe sempre stata.
MORTE APPARENTE
Ma un giorno – era marzo 2011 – Ninetta sparì. La diedero per morta, i giornali rilanciarono la notizia e unanime fu il cordoglio di chi – passando da li – l’aveva vista o almeno una volta le aveva parlato. Ma non era vero. In realtà aveva avuto un malore e un’ambulanza l’aveva prelevata dal marciapiedi, direzione Villa Sofia. Sparì suo malgrado, ma non era morta.
LA VENDETTA DELLA MORTE
Ninetta – da folletto irriverente qual era – aveva fatto il gesto dell’ombrello alla morte. Non sospettava che quella – buttana sulfurea e obliqua – se l’era legata al dito. E infatti Ninetta morì un mese dopo, il 23 aprile, di cirrosi epatica, al reparto di Geriatria dell’Ospedale Ingrassia. Stavolta davvero.
IL SUO VERO NOME
Così molti appresero che Ninetta la nana si chiamava in realtà Antonina Emiliana, che era del ’51 e che la battaglia che aveva appena perso era stata dura. Ninetta era una donna che la vita randagia aveva reso spigolosa, ruvida, insolente, sguaiata, anche sgradevole. Ma se n’è andata in silenzio, con grande dignità. Per moltissimo tempo, passando da lì – via Libertà angolo via Francesco Paolo di Blasi – continuai a cercarla inutilmente con lo sguardo…
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