Dopo tutto, in ogni gruppo c’è sempre un cuntaminchiate, anche più di uno se si è fortunati. Quel giorno cercavamo di attribuire credibilità o meno alla teoria di Alfredo, secondo il quale, era possibile giocare allo Stadio Barbera se si era amici dei calciatori.

IL NIPOTE DI VASARI

Noi eravamo fortunati perché quest’ultimo, era davvero il nipote di un calciatore del Palermo. Niente meno che di Tanino Vasari. A Palermo in quegli anni era più famoso della Santuzza, Gaetano e Rosalia infatti furono i nomi più gettonati per i nuovi nati in città. Forti di questa parentela indiretta, ci trovammo combattuti se smentire quel cuntaminchiate d’Alfredo oppure dargli credito.

IL CAMPO IN MEZZO AI BALATONI

In fondo noi, quel pomeriggio, stavamo seduti sui balatuna che delimitavano un lato del nostro campo di calcio, dall’altro invece passavano i binari del treno vicino a Brancaccio. Per noi che avevamo l’asfalto mal ridotto come campo, era già un sogno quando il prete ci faceva giocare lì, nel campo in terra battuta. Figuriamoci se non speravamo che Alfredo avesse ragione.

TRA BINARI E SCARPATE

Poter correre su un campo in erba. Con le righe. Le porte. E addirittura la rete. Lì, per arroccare il pallone dovevi essere proprio scarso. Qui da noi se la palla usciva dal lato dei binari dovevi essere una specie di fulmine. Oppure dovevi andarla a prendere giù nella scarpata qualche metro più sotto.

AMMESSE LE CARAMBOLE

Eravamo più di una dozzina di ragazzi a giocare ma nel poco spazio che avevamo potevamo giocare al massimo in tre contro tre. Erano ammesse le carambole, ovviamente dal lato del muretto fatto con le pietre. Gli altri bambini, che solitamente erano i più piccoli, si mettevano dal lato del treno per evitare che i palloni cadessero lì.

FACEVO IL RACCATTAPALLE

Facevano i raccattapalle, con la promessa, che poi avrebbero giocato. Ecco, io ero uno dei piccoli. Mi lasciavano giocare soltanto 5 minuti, tra l’altro quando non si vedeva più niente, perché ormai era buio, non perché erano buoni, ma perché altrimenti il giorno dopo nessuno avrebbe recuperato i palloni.

IL SALUTO AL PARRINO

Quel pomeriggio eravamo tutti eccitati per l’opportunità. Soprattutto noi piccoli che avremmo potuto giocare almeno un’ora. Lasciammo la nostra base e ci spostammo verso la fermata dell’autobus. Si fermo a salutarci quel prete del campetto. Tutti lo salutarono e Vasari, chiamavamo così Alfredo, gli disse: “Parrì oggi giochiamo allo stadio”.

IL SORRISO DI DON PINO

Don Pino sorrise e ci disse: “Buono, cosi mi lasciate tranquillo un poco”. L’autobus tardò e pensammo di tagliare seguendo i binari del treno. Sicuramente dalla stazione Centrale saremmo arrivati prima. Facevamo un gioco da brividi, al passare del treno strattonavamo qualcuno fingendo di spingerlo sotto. Ridevamo come i pazzi.

ALLO STADIO

Arrivati allo stadio, un signore basso e goffo ci disse, chi siete? E noi, quasi in coro, all’unisono: “i nipoti di Vasari, i nipoti di Vasari!”. L’uomo sorrise, evidentemente eravamo in troppi per essere i nipoti di Vasari. Allora Alfredo ci disse di fare silenzio e rispose al guardiano: “Io sono vero il nipote di mio zio! Ci può chiamare a casa, Ci chiamo io e ci parla lei, starà dormendo a quest’ora, le do il numero”.

L’AVITI ‘U PALLUNI?

L’uomo spalancò le braccia ed esclamò: “Amunì entrate, mezz’ora però. L’aviti u palluni?”. Io volai sulla fascia come un aquila, come lo stemma della nostra squadra, volai come un aereo, un fulmine, volai come non avevo mai fatto prima.

LA STORIA CHE NON QUADRA

Perché quel giorno, quando eravamo sui binari e passò quel treno, io non feci paura proprio a nessuno. Inciampai e venni preso frontalmente, volai per molti metri. Quel giorno era il 15 Settembre del 1993. Morivo insieme a Don Pino Puglisi e Tanino Vasari giocava ancora nel Trapani. Quindi questa storia non quadra.

GLI STARO’ ACCANTO

Quella fu la prima volta che sono morto, non pensavo potesse finire così e senza concludersi e poi così all’improvviso. La prossima volta invece farò qualcosa che si possa concludere. Non lascerò solo quel prete, non penserò che tanto le cose vanno così. Cercherò di fare nel presente e non rimandare a domani. Farò come fanno gli adulti, ma allora ero solo un bambino.

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