“Coraggio, facciamo un ultimo numero de L’Ora”
Non è facile confinare in poche battute ricordi, emozioni e un vissuto esaltante: come il titolo del film di Wyler, sono stati “I migliori anni della nostra (mia) vita” professionale. Non solo per lo spirito di squadra, per la sensazione di essere dentro la storia e seguirne gli sviluppi da vicino, per il clima di assoluta libertà e indipendenza da ogni condizionamento, ma anche per la reciproca fiducia che cementava i rapporti interni: c’era da raccontare una stagione di sangue appena iniziata in una Sicilia laboratorio di nuovi equilibri nazionali che passavano dal tritolo, e c’era poco da distrarsi.
L’ORA, unico quotidiano in Italia, seguiva gli eventi dalla prospettiva della cronaca giudiziaria, intrecciando nelle analisi fatti politici e criminali: fu quella attenzione ritenuta scomoda da qualcuno alla vigilia della trattativa Stato mafia la causa della chiusura l’8 maggio del ’92?
Nel silenzio della stampa nazionale (solo un cenno su Repubblica, in decima pagina), L’ORA lasciò le edicole puntando il dito contro il Pds, proprietario della testata: nell’ultimo editoriale Michele Perriera accusò il partito di non avere compreso che “il destino dell democrazia italiana si può riqualificare solo a partire dal riscatto delle sue zone più martoriate e malsane”.
In quelle parole c’era il dna di analisi, conoscenza e impegno pagato con la vita di tre giornalisti uccisi dalla mafia e da chi se n’è servita, Cosimo Gristina, Mauro De Mauro e Giovanni Spampinato, caso unico ancora oggi nella stampa italiana. Allora il Pds perse un’occasione per raccontare al Paese i mutamenti in atto: il giorno della strage di Capaci rifiutò l’invito di giornalisti e tipografi, disposti a lavorare gratis, pur di fare uscire il giornale.
E’ una proposta che rilancio oggi, insieme al collega Francesco Vitale, quella di fare uscire un ultimo numero del giornale fatto dai suoi giornalisti, di generazioni diverse ma con un’unica scuola. Perché al netto delle tentazioni della retorica, concordo con le parole dell’ultimo direttore, Vincenzo Vasile: “abbiamo chiuso pochi giorni prima della strage di Capaci e dell’inizio di una stagione che, forse, con quel giornale aperto, sarebbe potuta andare diversamente”.
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