Difficile farlo credere ai millenials, ma c’è stato un tempo a Palermo, neanche tanto remoto, che il cuore della cultura giovanile, quella laterale, batteva a Pallavicino. Ora magari i puristi cominceranno con il loro bi e ba perché si parla di musica e del Malaluna.
PUB E COVER
E quindi la solita solfa sul significato di cultura, che in fondo di un pub si tratta e di musica prevalentemente fatta con il copia e incolla. Necessario per questo un ripasso di storia, di storia locale ovviamente. E’ vero, il Malaluna nasce sulla formula di un pub, altrettanto vero che in molti casi è stato il regno delle cover. Ma se è possibile un distinguo (e certo che è possibile), di cover che aveano un’anima e che spesso erano palestra per composizioni originali.
LA CULTURA GIOVANILE
Che la musica sia cultura, in ogni sua declinazione, non c’è bisogno di sottolinearlo. Ed ecco perché, a nostro modestissimo parere, il Malaluna si colloca tra quegli spazi che hanno fatto la storia della cultura giovanile di Palermo. Ha rappresentato ciò che Base e Antorcha sono stati per il cinema negli anni ’70, oppure il Teatro Libero per il teatro in epoche in cui al di fuori dei circuiti ufficiali c’era il vuoto cosmico.
GLI ANTENATI
Qualche tentativo nel campo del jazz – il meraviglioso Brass è figlio di quelle gestazioni complicate – e poi solo discoteche, residui di night club e piano bar per coppie clandestine. Anche il Malaluna ha qualche avo che potremmo definire scapestrato: l’Ouroboros, il Kibbutz, il Malatempesta, da cui eredita quel mala che è più di un indizio sul legame di sangue.
GONZALES, IL SOGNATORE
A scegliere Pallavicino quale casa del suo ritrovo è Ezio Gonzales, che a vederlo allora tutto potevi immaginare meno che fosse il profilo perfetto per un gestore di locale. Buone letture, cultura impastata di classici, metà filosofo e metà sognatore e forse quest’ultima parte è quella che ha determinato le sue scelte. Tra coraggio e incoscienza nacque l’hardrock cafè di casa nostra
L’EPOCA DI INCONTROAZIONE
Ero minorenne quando l’ho conosciuto durante un’edizione di Incontroazione, la straordinaria utopia che s’inventò Beno Mazzone alle origini del Teatro Libero. Giorni in cui si mescolavano consistenti dosi alcoliche a Julian Beck e Judith Malina, sognando il Living Theatre e gli Henry Cow con il carico travolgente di quella musica senza etichette che i Gong e i Tangerine Dream avevano già portato fuori dai confini banali dell’elettronica.
COSTRUIRE UNA CHIESA…
Ezio era lì, al servizio dell’impresa teatrale, pioniere di quell’idea di aggregazione che va costruita al di là degli scorci di Palermo che ospitavano en plein air le comitive di quei giovani che non avevano casa. Non c’era casa perché non c’era mercato, sostenevano i profeti dell’immobilismo. Ezio, fortunatamente era di diverso avviso. Costruiamo una chiesa, che poi i fedeli arrivano.
LA CASA DEL ROCK
C’è voluto del tempo e qualche prova tecnica di trasmissione prima di concepire il primo vero contenitore di rock e affini. Una sala piccola ma accogliente, un mixer e un bancone bar a fare da confini all’interno di un’area urbana che non si presentava certamente invitante. Ma quello era il tempo in cui il centro storico era nel degrado più totale e già Piazza Verdi rappresentava confine invalicabile. Altro che movida.
IL PALINSESTO
Nacque il Malaluna che, primo fra tutti, aveva una programmazione musicale rigorosamente dal vivo, secondo un palinsesto che Ezio perfezionò nel tempo. Il lunedì e il martedì per le proposte più rischiose, la parte centrale della settimana dedicata ai cult, il venerdì seratona, sabato una virata verso i classici che non si sbaglia mai. Domenica tutti a casa a fare i conti.
ELIO, LE COZZE E AREZZO WAVE
Al Malaluna esplosero Le Cozze, portando in scena quel cazzeggio di alto lignaggio che nel resto del Paese era stato sdoganato da Elio e le Storie Tese, proprio loro che proprio da Ezio fecero un’indimenticabile apparizione. E al Malaluna sbarcavano anche i talentuosi gruppi rock targati Arezzo Wave e una moltitudine di talenti indigeni a cui mancò sempre un centesimo per fare una lira.
IL TEMPO DEI RIVISITORS
Impossibili citarli tutti perché peraltro si finirebbe per fare torto a qualcuno. Come impossibile non ricordare la stagione dei Rivisitors che Marcello Mandreucci fece diventare fenomeno assoluto con la complicità di Rosario Vella, Sebastiano Alioto, Beppe Vella, Anna Bonomolo, Salvo Papale, Aldo Messina e Giancarlo Aguglia.
COCO’, MANLIO E JO’ CHINOTTO
Sul filone del surreale si muoveva anche Cocò Gulotta con la Jo’ Chinotto & Bim Bum Band che contava anche sull’istrionica abilità del chitarrista Manlio Noto e anche sul compianto Beppe Randisi, sul bassista Danilo Romeres e su Giuseppe Valentino alla batteria. Poi subentrarono Giampaolo Terranova alla batteria e Roberto Terranova alle tastiere. E infine, come sottolinea lo stesso Noto, muriu u cane…
NON SUPERARONO LO STRETTO
Ero sicuro che sarebbero riusciti a superare lo Stretto e come tante altre volte mi sbagliavo, nonostante la loro dimensione fosse davvero quella nazionale per originalità di testi e sonorità. Gulotta è riuscito a sprigionare la sua personalità in teatro, a cinema e con la Bottega Retrò a cui presta la sua eclettica voce e la sua capacità di scrittura. Manlio Noto alla musica ha accoppiato pittura e fotografia, il sax di Randisi solfeggia nelle volte celesti.
CON TOMMY E MICHELE
Le stagioni d’oro del Malaluna sono state quelle in cui la musica dal vivo era l’unica colonna sonora delle serate fuori di casa. La rivalità con gli altri pub quasi inesistente, se si esclude per un breve periodo quella con il Fleur du Male. Alla fine tutti tentavano di imitarlo e inevitabilmente perdevano. Con Ezio c’erano gli storici Tommy e Michele, successivamente anime de Il Ricovero, allora indispensabili nella gestione del locale come la sezione ritmica in una band.
LA RIVOLUZIONE DEL CENTRO STORICO
Momenti di difficoltà, parecchi, del resto nulla resta immutabile. Cambia il mercato, qualunque baretto accucchia due chitarre e una voce, ci sono più musicisti ma meno qualità. E soprattutto Palermo scopre il centro storico che pian piano si trasforma in un padiglione gastronomico a cielo aperto. Epperò lì si va, altrimenti sei un gargio.
EZIO COME LEONIDA
Ezio prova a staccarsi dalla sua creatura, coltiva un sogno che è quello di molti: aprire un ristorante. Resiste qualche anno, ma la testa è sempre lì, in viale Resurrezione. E anche se i tempi sono cambiati, la richiesta è molto meno off di un tempo e l’entusiasmo non è travolgente, torna al timone del Malaluna. Come Leonida, che sa che morirà in battaglia ma resta lì, in prima linea, perché è il suo destino.
LA CONGIUNTIVITE
Per molti anni, decenni fa, il Malaluna è stato il mio ufficio fuori dall’orario di lavoro e la fine di molte serate. A volte accompagnavo Ezio in moto nel giro di cortesi negli altri pub, perché al nostro eroe non ha mai fatto difetto lo stile. Ho persino rischiato di esserne socio all’alba degli anni ’90, me lo impedì lo stesso Ezio dicendomi che non voleva inguaiare un amico. Al Malaluna ho sancito un divorzio e patrocinato un matrimonio. Figuratevi cosa mi ballava in testa quando mio figlio Flavio ha festeggiato su quel palco il suo 18esimo compleanno concedendosi una jam session in onore degli invitati. Meno male che c’era buio e nessuno ha notato quella fastidiosa congiuntivite che mi faceva lacrimare…
Playlist: Gli occhi miei – Rivisitors
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