Margaretha Geertruida Zelle, che lo storia ricorda col suo nome d’arte – Mata Hari (in lingua malese: ”occhio del giorno”) – nacque a Leeuwarden, il Olanda, il 7 agosto 1876. Apparteneva ad una famiglia della ricca borghesia il che le consentì di vivere una infanzia agiata e spensierata. Tuttavia, quando – a partire dal 1889 – gli affari del padre iniziarono ad andar male (tanto da costringerlo a cedere la sua attività commerciale), la nuova situazione provocò dissapori in famiglia e – infine – la separazione dei coniugi.

L’INIZIO DELL’AVVENTURA

Per la giovane Margaretha – bellissima, seducente e conturbante come poche – fu l’inizio di una vita avventurosa, spericolata e sopra le righe. Seguendo il primo marito, il capitano Rudolph Mac Leod, che prestava servizio a Giava, apprese i segreti delle sensualissime danze locali, sconosciute in Europa. Separatasi dal marito, nel 1903 arrivò a Parigi, dove non conosceva nessuno. Cercò di mantenersi facendo la modella presso un pittore e cercando scritture da ballerina ma con risultati alquanto deludenti. Forse giunse anche a prostituirsi. Il fallimento la convinse a riparare in Olanda ma l’anno seguente, il 24 marzo 1904, tornò nuovamente a Parigi e prese alloggio al Grand Hotel, divenendo l’amante del barone Henri de Marguérie e di cento altri dopo di lui in giro per l’Europa.

A PALERMO

Il 4 settembre 1913 per cinque giorni Mata Hari venne ad esibirsi a Palermo, al teatro Trianon. Questo teatro non era quello di via Scarlatti, ora posteggio, ma si trovava inglobato nell’area del villino Pottino in via Mariano Stabile, poi demolito (si tratta dell’area ove fu costruito il cinema Modernissimo e che adesso ospita l’edificio della Banca Intesa). In quegli anni Mata Hari frequentava il bel mondo; aveva recitato nei più prestigiosi teatri (dal Trocadero all’Olympia, dalla Scala al Moulin Rouge); frequentava intellettuali e artisti; politici e uomini d’affari. Perché mai per cinque sere si esibisce in un teatro di second’ordine come il Trianon di Palermo?

LA VERSIONE DI SCIASCIA

Leonardo Sciascia – che alla vicenda dedicò una delle sue “Cronachette” – non era per nulla convinto della spiegazione fornita da Sam Waagenaar, uno dei biografi di Mata Hari: “Era a corto di denaro e doveva esserci dietro un amico molto ricco”. Chi era l’amico molto ricco? Ignazio Florio? E’ vero che questi era pure il proprietario del Trianon, ma è pur vero che se avesse voluto far colpo sulla donna avrebbe potuto disporre del Teatro Massimo.

UNA RIBALTA MODESTA

Una ribalta modesta come il Trianon – chiosa Sciascia – fa pensare a un protettore di mezza tacca, “uno di quei tanti baroni siciliani che allora sciamavano tra Parigi e Montecarlo, sollevando nugoli di cambiali che poi venivano a posarsi sui resti dei feudi, sulle ville suburbane e i palazzi cittadini, sui quadri e i mobili e le argenterie”. Sciascia però non esclude che Mata Hari, già allora al soldo dello spionaggio tedesco, sia venuta a Palermo nella qualità. Con buona pace – scrive – del suo biografo  “che per più di trecento pagine tende invece a dimostrare che non è mai stata una spia”, perché incapace e inadeguata. Ma quello è sempre stato un mondo “di informazioni false ritenute vere e di informazioni vere ritenute false; un gioco delle parti e ogni parte in gioco doppio, una specie di atroce nonsense” che persino una persona fragile come Mata Hari avrebbe potuto ben sostenere. E dunque il mistero resta.

 

SPIA A TEMPO PIENO

Dopo Palermo comunque per lei cambiò poco. Sempre alla disperata ricerca di denaro per mantenere il suo regale tenore di vita, si ritrovò sempre più invischiata in un gioco troppo più grande di lei.  Passando di letto in letto continuò a rivendere ai Servizi di mezza Europa le informazioni che carpiva dai generali, dai diplomatici e dai politici ai quali si concedeva.

 

LA FINE DELLA CORSA

Accusata di spionaggio in favore della Germania, fu infine arrestata la mattina del 13 febbraio 1917 nella sua camera dell’albergo Elysée Palace, a Parigi, e rinchiusa nel carcere di Saint-Lazare.  Il Tribunale militare decise la condanna a morte dopo appena un’ora di camera di consiglio. Fu fucilata a Vincennes, il 15 ottobre 1917.

 

L’ULTIMO COLPO DI TEATRO

Uno dei dodici soldati del plotone di esecuzione ricorda: “C’era una nebbia che si tagliava col coltello, erano le quattro del mattino. Una donna bellissima, elegante, calma e sorridente aspettava d’essere fucilata. Una donna coraggiosa che ha rifiutato la benda sugli occhi. Voleva guardare la morte in faccia. Prima che sparassimo, ci ha salutato con il cenno di una mano”. Fu l’ultimo colpo di teatro…

 

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