Come complicarsi la vita e agguantare un sogno. Ci vuole orecchio, direbbe Jannacci e ci vuole anche stomaco a ribaltare la propria esistenza fatta di razionalità, numeri e algoritmi, doti importanti all’alba dell’era digitale. Tutto nello sgabuzzino per aprire un ristorante. Che, detto tra noi, pochi immaginano quale impresa sia. Perché a dispetto dell’aspetto godereccio che l’idea potrebbe trasmettere, quella saracinesca che è il prologo della cuccagna però non si abbassa mai. Diventa la tua vita, ti assorbe. Se ti va bene è un orgasmo continuato, altrimenti somiglia più ad un film porno sbirciato di mala voglia.
IL LUSTRO DI QUATTROVENTI
Oggi che Quattroventi ha superato il lustro, Gabriele Amato, può consentirsi di uscire dall’apnea e cadenzare meglio il suo respiro, fatto di futuro più solido, perché in questo ambito ciò che conta è la reputazione, quella che si costruisce con la qualità, giorno per giorno. Quella che ti consente persino di ammiccare agli aspetti più legati alla comunicazione social e ad una “compagnia di giro” la cui messinscena è spesso approssimativa e autoreferenziale.
INTRAPRENDENTE E RAFFINATO
Ma la scommessa è vinta, l’informatico della vita precedente è stato sovrastato, senza remore e rimpianti, da un intraprendente e raffinato oste (parola ormai desueta ma che mantiene un suo fascino), padrone di casa di una casa in cui si sta bene. Adesso si può dirlo senza timore di essere influenzato da un filone di amicizia nata proprio in quella strada di fronte all’Ucciardone, che per legge di contrappasso ospita, nella sponda opposta alla fortezza borbonica, riusciti esperimenti di impresa innovativa.
GABRIELE&FILIPPO
Gabriele ha vinto perché ha creduto in un’idea che ha tante declinazione: accoglienza, essenzialità, materia prima, sobrietà. Ha percorso la strada senza cercare scorciatoie di facile impatto, resistendo alla morte civile degli apericena, alla finta ristorazione popolare o alle tentazioni di un gourmet estremo che è roba per pochi. Il capitano della cucina è Filippo Ventimiglia, l’altra metà dell’azienda, l’uomo che mette faccia e firma sulle proposte di ogni stagione. Un menù mai banale e sempre in grado di proporre almeno un presupposto per uscire di casa.
ANDATE E PROVATE
Il menù è come un film noir, svelandone la trama si rischia di rovinare la sorpresa finale. E del resto queste righe non hanno il crisma classico della recensione, piuttosto l’omaggio a due uomini che hanno saputo trasformare la passione in un mestiere. L’unico consiglio riguarda il pesce che anche in una città di mare come Palermo non è scontato trovare fresco e proposto in maniera sfiziosa, senza vederne snaturate le qualità. Garantito, si intuisce lo studio che c’è dietro un piatto che, anche se semplice, non esce da una cucina domestica. Andate e provate. E lasciatevi catturare da questa atmosfera minimal giocata su toni seducenti e con un sempre presente alone di arte contemporanea. Un gioco dei sensi circolare e avvolgente, proprio dello stile dei Quattroventi di casa nostra.
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