Caro diario, da dove partiamo. Ah, già dal Buccheri La Ferla. E poi Casa Pitré una scarpa sul tavolino. Vediamo che c’è dopo: un parcheggio di Capaci, un albergo a Capo d’Orlando, la triste notte della calciparina e l’infinità dell’Addaura, casa casetta nido alcova. I giri giretti per i musei sparsi qui e là, i campi che guardano la costa di Trapani che non devono raccontare ciò che hanno visto. E anche Mokarta, muta. Quattroventi e complicità, la voglia di costruire futuro.
LA FEBBRE DI NATALE
E la febbre di Natale, che quell’abbraccio riscaldava il cuore e funzionò come un Fernet, buono ad attutire i brividi di freddo. Vogliamo parlare di via Amari e dello sguardo sul mare che mai si può immaginare, di quella strana puzza portata dal vento, delle coperte da terremotati e dei pranzi e delle cene rubate? Aspetta aspetta, il tempo rubato, frizzare i momenti che mai avremmo potuto replicare, unici e irripetibili. E quella consapevolezza che miscelava un istante di felicità con quel pizzico di nostalgia che può essere figlia anche di un tempo appena trascorso.
IL TEMPO DEL BLOODY MARY
Miscelare tira un’altra parola magica, anzi due: Bloody Mary. E una sconosciuta, sexy e bruttina che ce li preparava come nessun altro mai. Un rifugio che si chiamava Vinile che accarezzava il distacco serale e lo rendeva meno cruento. E il filippino che sorride alle 2 di notte? E il wifi che non ha mai funzionato, in nessun albergo del mondo, il pollice verde della tecnologia usato al contrario. E il tour degli svenimenti nei migliori ristoranti e nelle bettole, senza distinzione alcuna. La Scalinata affrontata come il Tourmalet? E l’uovo sodo consumato tra lo stupore dell’oste che s’aspettava gli ispettori Michelin. Il bagno a Custonaci a novembre che neanche Adamo ed Eva e l’odio per l’uomo della rupe, guardone al ritmo di Battiato. E i riti che si aggiungevano giorno dopo giorno e le liti, porca puttana e quei giorni in cui sarebbe stato meglio partire e invece eravamo sempre in due.
LE VITE INTRECCIATE
Tutte le volte che ci siamo persi perché il navigatore è scarso, i film non visti e i viaggi dei sogni, per non parlare delle vite intrecciate dei figli. E le corse in ospedale che neanche Mogol avrebbe potuto immaginarle così, stupide e romantiche. E le foto, le tante foto che raccontano di giorni belli e di una piscina simbolo dell’estate della svolta. Sesso e amore che disegnano la stessa traiettoria, gelosie e complicità. E muoversi mano nella mano a Milano come a Blufi, Madonnina e Tulipani, ostriche e couscous, mannaggia. Sono più di mille e se rispettiamo le promesse ce ne mancano seimilanovecentotrentacinque. Teniamoci forte, teniamoci stretti e fottiamo il mondo.
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