Per loro dell’Agesci è la Base Scout Volpe Astuta, per tutti gli altri è Fondo Micciulla che è verso Altarello di Baida, a Palermo, dove le pietre se li ricordano ancora i Piraino, il boss Filippo, nipote di Salvatore Inzerillo. Quando gli scout iniziarono a mettere piede nei due ettari del fondo, succedeva di tutto: volavano pietre, per pasquetta c’erano le teste di capretto ed erano frequenti i blitz (parola che i mafiosi odiano) di malicristiani che entravano e si portavano via tutto. I ragazzi dovevano fare i turni notturni per evitare che i lavori di ristrutturazione venissero compromessi.
QUESTIONE DI PELLE
E a me gli scout non hanno mai fatto simpatia, non so perché, ma so che è un problema mio. Non amo le favole. Però riconosco l’alto valore dell’impegno di giovani che sapevano di dover proteggere qualcosa di estremamente importante: il primo bene confiscato ad essere stato assegnato ad un’associazione dal Comune di Palermo. Quando Giovanni Falcone intervenne per sequestrare il fondo (il 17 giugno 1980), neanche esisteva la legge Rognoni-La Torre.
17 ANNI STRANGOLATI DAI ROVI
Era una terra di nessuno, strangolata dai rovi. Per decenni, le pietre ricordavano e quando la gente chiedeva facevano finta di non sentire. I muri hanno dentro di sé le memorie, le sofferenze, le emozioni forti e meno male che per natura non sono loquaci, per niente. Chissà cosa potrebbero dirci del passato, di noi, di quello che verrà. Quelle di Fondo Micciulla erano nere, perché squagliati fra le fiamme i fili di rame, il fumo anneriva anche il soffitto. La luce veniva ingoiata. Il portone d’ingresso era di quelli riservati che impedivano a chiunque di vedere (ma almeno sentire sì, chissà) la macelleria clandestina o il traffico di droga. Solo dopo anni e grazie agli scout, le pareti di Fondo Micciulla hanno cantato e come in protezione speciale, si sono meritati una nuova vita, nuovi colori, nuove memorie da conservare.
IL PENTIMENTO
Nel 2013 grazie alla partecipazione al PON “La Volpe Astuta – Ristrutturazione di un immobile confiscato alla mafia per la costituzione di una base scout internazionale AGESCI orientata alla promozione della cultura della legalità”, è stato possibile ristrutturare l’immobile al fine di renderlo accessibile non solo agli scout, ma anche all’intera società. La natura che non ha colpa si è redenta. Ed ha trovato nuova vita, nuovi tesori. Davide Carella, il responsabile di zona “Conca d’Oro” dell’Agesci, aveva 37 anni: “Sono un geologo ed ero capo di una brigata di ragazzini che si entusiasmava al solo pensiero di poter gestire un bene confiscato, ma il lavoro era immenso, non ce ne rendevamo conto e dopo sei anni volevamo mollare”.
I TRE DELLA VOLPE ASTUTA
“Il giardino era addormentato, il passato del fondo mortificato dai mafiosi – racconta – La realtà è stata dura, sei anni di minacce e vessazioni continue”. Davide prese coscienza delle difficoltà e dei fondi su cui poteva effettivamente contare: due sacchetti di plastica con delle monete raccolte fra gli scout, duecentocinquanta euro. “Non si poteva andare avanti e ci misi la faccia insieme ad Anna Di Marco e Gerlando Giaccone, chi si occupava delle relazioni col Comune e chi degli aspetti legali. Ottenemmo dei piccoli finanziamenti e iniziammo col costruire un cancello nuovo, gli infissi blindati, un piccolo magazzino esterno, ricomprammo gli attrezzi rubati”.
IL QUARTIERE HA DETTO SI’
O loro, o nessuno. Tutti si tiravano indietro e non solo perché era difficile tecnicamente gestire un bene del genere, ma per le continue minacce della popolazione che vent’anni fa, non vedeva di buon occhio l’attività dei ragazzi. Oggi, con l’arredamento della casa, gli scout hanno anche cambiato l’idea del quartiere nei loro confronti: “Ci ha accettato, il nostro spirito di fratellanza ha fatto breccia e non siamo più degli estranei”. Ed è il concetto di resistenza. Ancor più aspra che in guerra, perché la mafia non ha né l’elmetto, né la divisa. E’ un nemico silenzioso e invisibile.
LE FAVOLE
Ed è stato lieto fine. Pensiamo alla camera dello scirocco (la cui prima origine viene fatta risalire al XV secolo), i qanat medievali (che trasportava le acque delle sorgenti pedemontane verso la città) e le cave di calcarenite settecentesche (per la produzione dei conci di “tufo giallo” utili all’edificazione delle case). Che ne potevano sapere i boss di queste cose. Meglio farci crescere i rovi. Come fatto per un certo periodo sulla Sicilia, i cui tesori piano piano stanno venendo fuori. Serve tempo, serve fiducia e adesso lo so anche io, serve amare le favole. Buon ventesimo compleanno Volpe Astuta.
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