Quando in Sicilia si parla di fotografia è sicuro che si tratta di roba buona. Da qualsiasi lato la si voglia prendere hai voglia di pensare che non sia una questione di scuola, perché la riscontrabile abbondanza di talento sarebbe altrimenti da attribuire alla magia dell’influenza astrale. E non è cosa per noi. Parli di foto e comunque è un belvedere. E perdonateci il gioco di parole, perché nella fattispecie oggi si parla di Aldo Belvedere.
MAESTRI DI FOTOGRAFIA
Letizia Battaglia e Franco Zecchin (guai a non metterli di seguito), la famiglia Scafidi (Franco, Nicola e Pucci), Vincenzo Brai e la sua Pubblifoto, Nino Sgroi, Mike Palazzotto e Gigi Petix tanto per restare nella storia, e Franco Lannino e Michele Naccari con StudioCamera, sino a Tullio Puglia, occhio di Getty Images e Tony Gentile, reso celebre dalla famosa posa di Falcone e Borsellino che ha invaso il pianeta. E non dimentichiamo l’inchino al maestro Ferdinando Scianna, primo italiano a far parte della scuderia dell’agenzia Magnum. Questa è la Sicilia che ha raccolto l’eredità dei vari Incorpora, Interguglielmi e Bronzetti, indimenticati pionieri e maestri.
ALDO E LA SONY
Stiamo parlando di cronaca, di fotoreportage, di scatti che hanno nobilitato le pagine di quotidiani e riviste in Italia e all’estero. Tuttavia c’è anche chi il suo talento e la voglia e l’istinto di raccontare per immagini la vita di tutti i giorni l’ha indirizzata in un altro campo. E’ la storia di Aldo Belvedere, entusiasta ragazzino in un corpo da sessantenne (gli abboniamo gli spiccioli) che ha ripreso contatto con la madre patria siciliana dopo un’esperienza di diversi anni in casa Sony, nella grigia Bruxelles che in realtà rappresentò per lui un’alba dorata.
L’AMORE PER LA PENTAX
Partiamo dall’inizio, dalla prima macchina fotografica e dai tempi della gavetta. “Era il 1974 – racconta Belvedere – ancora liceale ma già con la passione per la fotografia. Mi regalarono un rottame di Pentax, sembrava una missione impossibile rimetterla in funzione e non vi dico cosa mi dovetti inventare per evitare di pagare l’impossibile. Usai persino la camera d’aria della bicicletta, ma alla fine Pentax fu. Da allora fu un amore mai tradito, Pentax per sempre”.
A SCUOLA DA CAPPELLANI
Con la macchina in mano e tanta conoscenza teorica, Belvedere si presentò alla bottega di Peppino Cappellani, il figlio di Dante, una scuola di quelle che ha lasciato il segno.”E lì ho capito il valore di una bottega, perché puoi avere tutta la cultura del mondo, ma poi bisogna sapere sporcarsi le mani. C’era gente che sapeva la metà di me, ma faceva stampe favolose, oppure usava il banco ottico, cosa che io avevo visto davvero solo in fotografia”.
IL LABORATORIO DI VINCENZO TUSA
Ma nell’orizzonte di Belvedere non c’è soltanto la foto pubblicitaria, dal 1979 al 1983 si aggrega al gruppo di lavoro di Vincenzo Tusa, il padre di Sebastiano l’assessore prematuramente scomparso nei cieli d’Africa, uno dei padri nobili dell’archeologia siciliana. “Tusa allora era la guida della Soprintendenza Archeologica, io di fatto curavo il laboratorio fotografico. Con lui ho partecipato allo scavo di Selinunte, al restauro di Segesta, alla missione a Mozia, alla scoperta della necropoli punica di corso Pisani a Palermo“.
IL LABORATORIO ORA E’ UN WC
Delle fotografie di quegli anni pare non sia rimasta traccia. “Qualche tempo fa mi hanno raccontato che gli originali di quelle foto sono andati persi. Un enorme dispiacere, ma onestamente non mi sorprende più di tanto. Il laboratorio fotografico che avevamo creato con Tusa oggi è il bagno per portatori di handicap del museo Salinas“. Di quell’immenso patrimonio di testimonianze qualcosa ancora esiste nell’archivio personale di casa Belvedere.
EMIGRATO A BRUXELLES
Nel 1988 altra svolta. L’intuito e la conoscenza del mercato siciliano, già allora in declino, lo spingono a cercare gloria altrove. Oggi si parla di cervelli in fuga, il suo fu un caso ante litteram. Lascia la Sicilia e l’Italia, direzione Bruxelles, il cuore dell’Europa troppo spesso ignorato dal mondo delle professioni nonostante la presenza di multinazionali e lobby. “Passai diversi giorni a cercare clienti nelle pagine gialle della capitale belga, proponevo il mio lavoro in una sorta di porta a porta che mi garantiva la sopravvivenza”.
UNA SBRONZA FORTUNATA
Poi, improvvisa, arriva la svolta. Quella fortuna che però devi saperti cercare. Una festa con amici, di quelle in cui c’è mezzo mondo e si è tutti fratelli per una notte. Aldo ritorna a casa alle 7 del mattino, tasso alcolico da galera, una doccia e via all’appuntamento del destino che nel suo caso si chiama Sony. “Era un sabato, non potevo rinunciare, arrivai in sede e il dirigente che avrebbe dovuto selezionarmi non era ancora arrivato. La sorpresa fu quando lo vidi entrare in ufficio: era un compagno di sbronze della notte precedente”.
IL FESTIVAL DEL PORNO
Cominciò così la sua avventura di fotografo industriale, ogni scatto un pezzetto di storia del colosso giapponese che a Bruxelles aveva una fondamentale base strategica europea. Comincia la collaborazione più importante della sua vita, affina la tecnica, porta la sua Pentax dentro scenari del tutto nuovi. “Compreso un festival del porno, dove mi portarono nascondendomi di cosa si trattasse…”
ITALIA ’90 IN HD
Ma lo sguardo di Aldo è proiettato verso il futuro. “Nel 1989 mi chiedono un giudizio sul Trinitron, un televisore che farà epoca. Risposta: meraviglioso. Poi mi portano in una specie di caveau, scoprono uno schermo piatto, mai vista una definizione e una pulizia dei colori del genere. Era l’alta definizione e nei garage c’erano tir pieni di quella roba. Si stava preparando la sorpresa per i Mondiali di calcio di Italia ’90, il primo evento in assoluto che sarebbe stato trasmesso in alta definizione”.
OGGI TUTTI FOTOGRAFI
Il ritorno in Italia è del decennio scorso, anche se in realtà il filo non era mai stato spezzato del tutto. Inutile tentare di comprendere se in circostanze del genere prevalgano le radici, le ragioni del cuore o la ricerca di nuovi stimoli professionali. L’unica certezza è il giudizio critico del suo mondo. “Oggi chiunque è fotografo con uno smartphone in mano o con una digitale automatica. La fotografia è altro, ma non c’è più nulla da fare”.
BOTTE DI CULO
Verso le foto di cronaca ha la stessa repulsione di un tempo. “Non ci sono margini per lavorare e la responsabilità è di tutti. Io sono sempre stato fuori dal coro, posso permettermi di dire che per vivere con la cronaca sono necessarie clamorose botte di culo. Tipo quella di Tony Gentile con la famosa fotografia di Falcone e Borsellino. L’accadimento ha dato un’altra dimensione a quella foto”.
INSEGNARE A FARE FOTO
La sua vita a Palermo è fatta di clienti selezionati e corsi di fotografia. “Sembrerà strano, ma c’è una certa richiesta di cultura fotografica. Nonostante tutto. E a me piace insegnare ciò che so. Mi faccio pagare, ma senza esagerare, mettere le mani nel portafogli dei giovani non è cosa mia“.
IL TRADITORE E LA REUNION LICEALE
Bel tipino il signor Belvedere che i più maturi hanno riscoperto e i giovani hanno imparato a conoscere sui social per due eventi. IL primo è stato la reunion degli ex studenti del liceo Garibaldi di Palermo di cui Aldo è stato tra gli ispiratori e ovviamente il documentarista; il secondo il film Il Traditore, in cui ha fatto la parte di se stesso, fotografo in aula bunker durante il confronto tra Tommaso Buscetta e il gotha mafioso.
RIVOLUZIONE AL TONY’S BAR
“Del periodo del Garibaldi avevo pubblicato sui social foto dell’epoca, la festa è stata l’occasione per rivedere volti che magari avevo fotografato decenni prima”. Dopo la festa la scissione del gruppo social e la nascita del Liceo Garibaldi in Autogestione – al Tony’s Bar, perché anche se sono passati anni una certa vena di ribellione non è svanita e non è il solo visto che sono quasi 400 gli ex studenti che, per affinità elettive, hanno aderito a questa nuova comunità.
BELLOCCHIO, FAVINO E LO CASCIO
A proposito del film le leggende narrano che l’attore Aldo Belvedere abbia interpretato la parte sino in fondo, scattando foto “proibite” dalla produzione, sul set e durante le pause della lavorazione. Inutile chiedere conferma, trattasi di siculo e quindi con un atavico retaggio omertoso… “Ho conosciuto Bellocchio, una grande persona e poi Pierfrancesco Favino, Gigi Lo Cascio e gli altri attori del film. E nel frattempo ho studiato”.
LO SCATTO FINALE
“Ho visto come piazzavano le luci, con quali accorgimenti studiavano le inquadrature e poi ho avuto il riscontro del film. Una bella esperienza, specie per chi quelle pagine di storia le ha vissute dal vivo”. Tutti in posa per lo scatto finale. “La cosa che mi ha amareggiato è vedere tanti fotografi tra le comparse, 20 giorni dalla mattina alla sera. La prova provata che lavoro non ce n’è davvero più”.
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