Giravo per il centro, un amico mi porta nel locale all’interno della Galleria delle Vittorie e tra mobilio ottocentesco e vecchi libretti di teatro, mi faccio strada verso il bancone. C’è una coppia di bartender che ha delle storie da raccontare e che certamente deve essere ammalata di qualcosa perché vede tutto ciò che ci circonda con i colori dell’alcol, così discutiamo del bere, ma in realtà parliamo di un po’ di tutto, perché un po’ di tutto ha la personalità di un buon drink.
IL MESSAGGIO ARTISTICO E IL CALICE DELL’ARRAPATO
Matteo Bonandrini e Luca Catanzaro sono degli artisti. Lo capisco subito. È il romanticismo con un paio di secoli di ritardo: un cocktail per ristabilire il legame fra uomo e natura; un cocktail per fuggire dalla realtà e vivere un’esperienza. “Il drink è una tela – racconta Luca – l’alcol sono i colori e il gusto è il nostro messaggio artistico”, gente visionaria ve l’ho detto, giovani barman che hanno l’ardire pure di saper leggere la personalità di chi si trovano davanti. Dimmi cosa bevi e ti dirò chi sei: “Il depresso beve strong, ma lo tengo d’occhio con miscele equilibrate; l’arrapato o l’innamorato beve vino perché bere cocktail significa interloquire con il barman e lui invece vuole flirtare tranquillo”.
COSA BEVE LEOLUCA ORLANDO, COSA BEVE MATTEO SALVINI
Bevi dolce o bevi amaro? Solo una domanda, poi comincia il gioco. Parliamo della città, del locale in piena ztl, della gente che però comunque viene e riempie il locale, io cito il sindaco Orlando e Luca già se lo immagina seduto al banco: “Gli preparerei el presidente: base rum, liquore alle arance, vino liquoroso secco, poi una punta di granatina al melograno”. Allora Matteo che è il bar manager se ne esce col fatto che “un buon Gin Tonic mette d’accordo tutti, ma che la ritualità della preparazione del Dry Martini lo emoziona”, quasi si commuove. Si finisce in qualche modo di parlare di Matteo Salvini che al locale pronunciano Saibbini: ” Già lo vedo che si beve un buon Black Russian, vodka secca e liquore al caffè, amaro e dolce come la vita degli immigrati”.
COSA BEVE ILIJA NESTOROVSKI
Ma basta politica, parliamo un po’ di calcio (che insieme alla religione dovrebbero essere i tre argomenti vietati al bancone, separano anziché unire), l’hai visto l’ultimo gol di Ilija Nestorovski? “Ecco vedi, a lui farei un buon Vodka Martini, con una Russian Standard, insomma qualcosa di strong che se viene al locale, glielo preparo volentieri”. Riecco Matteo che una volta, davvero, si è trovato uno degli dei dell’Olimpo (del settore) al suo bancone: “Preparai un Negroni a Tony Conigliaro – dice – mi tremavano le mani, avevo ventisei anni ed era il primo top-bartender che ho avuto il piacere di servire”.
I PITTORI DELL’ALCOL
È un mondo complesso, pieno di passione. Luca e Matteo studiano le materie prime, poi tentano di creare qualcosa di nuovo. Come i pittori si confrontano fra di loro, se il cliente chiede un must allora sono neoclassici riproponendo stilemi antichi, ma se il cliente vuole osare ecco che si trasformano in pittori d’avanguardia, impressionisti: “Pilotiamo noi l’esperienza, pensiamo a tutto – continuano – dal bicchiere, al liquore fino alla decorazione. Amo giocare con il cliente, costruire il suo drink”. Luca lo ha imparato tra Manchester e Londra dove ha acquisito l’ottica manageriale dietro la creazione di un’esperienza liquida, Matteo invece parla di storytelling da bicchiere. Entrambe le visioni mi affascinano.
COSA BEVONO FICARRA E PICONE, COSA BEVE PALERMO
Ma sono fatti troppo seri e gli chiedo se hanno visto l’ultimo film di Ficarra e Picone: “Arance di Sicilia e Zagara”, questo gli servirebbero. Insomma preparerebbero un drink a chiunque, anche alla Sicilia stessa, perché no a Palermo che “è un cocktail agrumato e profumato, un’estate che non finisce mai”. Il loro sogno è lasciare un segno nel settore, qui in Italia dove si beve in maniera diversa da Londra o da Kuala Lumpur. Sono giovani, intraprendenti e talentuosi.
LA COCKTAIL’S LIST
Come Canova, hanno studiato sui bozzetti di chi li ha preceduti, ma vogliono riscrivere le regole del gioco: “Il mio Negroni è diverso – racconta Luca – sostituisco il Vermut con del Marsala, non uso il Campari ma preferisco variare con i bitter e lavoro con Gin siciliani; per fare il Manhattan uso il Whisky, ma lo miscelo con un liquore siciliano a base di alloro e cannella e se c’è caldo come questa sera ti faccio un Daiquiri da bere con una coppa fredda: la dolcezza dello zucchero che spezza l’acidità del lime e in mezzo il corpo alcolico. Lo vedi il paradiso?”. Vado a casa, al Teatro Massimo mi fermo perché mi gira la testa. Lo guardo, poi con una mano cerco di versarlo, ma non posso. Sono il verme della Tequila.
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