Il loro biglietto da visita è un urlo che ancora oggi, in alcune zone della Sicilia e durante le prime luci dell’alba, è possibile udire distintamente da fuori la finestra: “Donne è arrivato l’arrotino …“. Ecco l’ultimo prezioso cimelio di una professione che sta scomparendo.
I TEMPI CAMBIANO
I mestieri di un tempo, ormai, sono soltanto ricordi sbiaditi appartenenti ad una generazione passata. Ma sopravvivono nel cuore di alcune persone che ancora oggi, per romanticismo, per necessità o per indole, continuano a mantenerli vivi. C’è internet e gli smartphone, i lavori dal nome impronunciabile come socialwebengineer e i giovani crescendo in questo nuovo mondo 2.0 si dedicano ad altro.
TRADIZIONI DI UNA VOLTA
La verità è che questi antichi impieghi a conduzione familiare sono stati inghiottiti dalla tecnologia e dai centri commerciali. Là dove il romanticismo inciampa sulla realtà, però, ricompaiono tutt’oggi degli uomini che gridano per le strade, restituiscono la lama ai coltelli e riparano, se è il caso, anche le cucine a gas-se da ormai quasi 100 anni.
NOMADI TUTTOFARE
Che si occupavano, oltre che della molatura o affilatura delle lame, anche di ombrelli e meccanismi di apertura e chiusura meccanici. Con il caratteristico Lapino gli arrotini giravano la città alla ricerca di guadagno. Prima dei mezzi di trasporto moderni gli artigiani si spostavano con un piccolo carretto costruito su una grossa ruota di legno e ferro, oppure a piedi, portando in spalla gli attrezzi del mestiere.
DIFENDERE IL TERRITORIO
Una volta trovato il cliente o la piazza in cui installarsi, il carretto veniva capovolto e trasformato nel banchetto necessario alle riparazioni e la ruota utilizzata come mola. Non era sicuramente un lavoro facile dato che bisognava letteralmente difendere il territorio dagli avversari; non con la violenza, ma tramite prezzi competitivi e costanza. Era un lavoro faticoso, l’arrotino infatti, essendo sempre in movimento con ogni clima doveva costantemente cercare nuovi clienti per sbarcare il lunario.
CHE VITA DURA
Fino agli anni sessanta l’esercizio di questo mestiere comportava, infatti, molti sacrifici: si mangiava per strada nei momenti (pochi) liberi e poi, arrivata la sera, bisognava cercare un posto asciutto in cui passare la notte. L’arrotino tornava a casa dalla famiglia per Pasqua e Natale o al massimo, per il taglio del fieno o per la nascita di un figlio.
ARRIVA L’APE
Dopo gli anni sessanta per la situazione effettivamente migliorò: il mezzo divenne una simil-bicicletta con una mola posta davanti che consentiva all’uomo di muoversi con più libertà e con meno fatica. Poi infine negli anni 70 la bottega diventò una moto (vespa o lambretta), fino ad arrivare alla famosa “Ape” (lape per i profani) il cui rumore ancora oggi riecheggia in certe zone della Sicilia.
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