Dario Mirri il suo campionato l’ha già vinto. Come direbbe Leoluca Orlando, ha saputo trasformare un handicap in risorsa. Se si guarda la categoria, ricomincia da zero, ma è già in serie A per ciò che riguarda l’entusiasmo che ha saputo ricreare in poco meno di 2 mesi. Siamo aquile è una filosofia che i tifosi hanno sposato senza remore. Il passato è passato, schifiare Zamparini non serve più, è il tempo dei sogni. Di riprendere a volare, per l’appunto.
IL NUOVO PALERMO
Siamo aquile è geniale perché è il mantra perfetto per chi deve sentire questo nuovo Palermo un po’ suo, per chi deve dimenticare il passato e non soffermarsi sulle recenti miserie. Siamo aquile perché i simboli sono sacri e le bandiere vanno amate. E poi c’è anche un campionato, da vincere. Ma senza dimenticare che avrebbe anche potuto non esserci. E ci siamo andati vicini.
SARA’ DURA
Nessuna sfida è mai vinta in partenza, ce lo insegna il Palermo di Caramanno o quello di Luca Toni. Entrambi costruiti per ammazzare il campionato, entrambi costretti a sangue e sudore per firmare il libro d’onore. Sarà dura anche questa volta, è meglio accettare questo destino anche se il tuo avversario si chiama San Tommaso o Troina.
LA REGOLA DEI GIOVANI
La squadra che sta venendo fuori è frutto di tanti ragionamenti, primo fra i quali la regola assurda di schierare 4 giovani nati tra il 1999 e il 2001. Ciò per giustificare la natura dilettantistica del campionato, ma in realtà la solita ipocrisia in salsa italiana. Lo imponessero in serie A l’obbligo della valorizzazione dei giovani. Come talvolta accade, la giusta causa viene annacquata da soluzioni inefficaci.
LA ROSA
Intanto il Palermo dovrà fare bene i propri conti cercando soluzioni tecnicamente idonee per rispettare le regole. Quattro under -tra cui un diciottenne che deve stare obbligatoriamente in campo per tutta la partita – costituiscono quasi la metà dell’intera squadra, portiere escluso. Ma anche in termini di rosa bisogna avere ricambi adeguati, dal punto di vista numerico oltre che qualitativo. Stretto stretto significa che almeno 10 posti devono essere occupati per questa esigenza. E di quanti calciatori dovrà essere composta una rosa per essere davvero competitiva?
GUAI A PARLARE DI PROBLEMI
Ma a Palermo, forte del fatto che tutte aquile oggi ci sentiamo, si vola alto. E’ da mandare al rogo chiunque osi prospettare problemi, qualsiasi perplessità resti chiusa a chiave. Basta farsi un giro su facebook per riscontrare questo fenomeno di ritrovata fede assoluta, che neanche Salvini con il Rosario in mano.
LE UMILIAZIONI
Fede e passione, del resto, sono le caratteristiche principali di chi sceglie di dedicare una cospicua parte della propria esistenza a disquisire di calcio. Pardon, non di calcio, ma di una squadra di calcio. Almeno questa volta consideriamolo un peccato veniale, perché Palermo ha subito troppe umiliazioni che vanno presto dimenticate.
LA PIETRA AL COLLO
Dall’anno in cui si cambiavano allenatori ogni tre partite facendoci ridire dietro dall’Italia intera, al vergognoso caso Frosinone la cui evoluzione giudiziaria ancora adesso appare incomprensibile. Fino all’entrata in scena dei Tuttolomondo, con la mazurka di periferia che ha finito per sostituire il ballo delle debuttanti. E così la fine dell’era Zamparini si è trasformata nella pietra al collo dell’Us Città di Palermo.
LA VOGLIA DI VOLARE
Oggi chiudere gli occhi e sognare in rosanero è più che lecito a fronte di tante umiliazioni, perché alzare il volume della passione serve anche a recuperare la verginità infangata. Il nostro è il caso più classico del sedotta e abbandonata. Il friulano è già storia, magnifica e orribile a pagine alternate. Adesso siamo aquile e c’è solo voglia di volare.
Playlist: Fly like an eagle – Steve Miller Band
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