Visitare Palermo con gli occhi dello straniero, vivere un giorno da turista nella propria città. Può essere la ricetta per tornare a innamorarsene, per sentirla di nuovo “mia”. Dovrebbero farlo tutti, una volta: forse la ameremmo di più, capiremmo che scrigno di tesori abbiamo per le mani e la rispetteremo come merita.
TESORI SVELATI
Ho passato la mattina a girare per il centro di Palermo con mia figlia, come non facevo da tempo, e non perché non ci vivo più e non ci tornavo da un anno. In cinquanta anni, son passato per luoghi bellissimi, carichi di storia, sempre di fretta, coi passi scanditi dai tempi accelerati dello studio universitario o del lavoro.
ASSUEFATTI ALLA BELLEZZA
C’erano tesori d’arte, di cultura, di umanità di tutte le razze, ma chi se ne accorgeva?, chi se ne importava? Anche l’abitudine alla bellezza genera assuefazione che scade ulteriormente nella indifferenza. Ho rivisto oggi quei posti, con gli occhi del turista, ho riacceso quella meraviglia, quello stupore che lascia a bocca aperta e che gonfia il petto d’orgoglio perché vorresti dire: “Io vengo da qui”, “Io sono anche questo”.
LO STUPORE DEL TURISTA
Certamente, ci sono anche le vergogne, ma dove non ci sono? Certamente, ci sono i turisti che credono di essere in una sorta di safari nella selvaggia savana africana, chissà come immaginano che siano i palermitani, come parlino, come si rapportino con gli altri; ma poi li vedi sgranare gli occhi, appena entrati in una chiesa del centro, li vedi stupirsi di fronte alla vetrina di una qualsiasi pasticceria, li vedi incuriosire davanti al banchetto di un mevusaro o di un pescivendolo o di un quel che volete voi e allora, anche lo scruscio di carretto di un abbanniatore diventato sinfonia.
“Non saprei descrivere con parole la luminosità vaporosa che fluttuava intorno alle coste quando arrivammo a Palermo in un pomeriggio stupendo. La purezza dei contorni, la soavità dell’insieme, il degradare dei toni, l’armonia del cielo, del mare, della terra… chi li ha visti una volta non li dimentica per tutta la vita”.
(Johann Wolfgang von Goethe)
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