Saranno state le farfallette al salmone di Masetto o gli involtini di pesce spada da smaltire, ma ieri sera usciti dal “Maracanà”, col mio compare Franco, abbiamo camminato assai. Dalla fiera fino in via Amari. Fino ai cinema “Abc” e “Nazionalino”. Qui le nostre strade si sono divise. Fisicamente e temporalmente. Due sale diverse, per due film diversi, per due epoche diverse. Lui, stretto in un pantalone a zampa, sotto alla camicia di seta dal collettone sparato sulle spalle, era precipitato nel 1979. Io, col chiodo in pelle, fiondato direttamente in quella Palermochecontavaisuoimortiammazzatiognigiorno. Insomma, ero finito nel 1983. Due ore dopo, queste sono state le nostre impressioni riguardo alle nostre due prime visioni. Ottimo preludio alla successiva proiezione, stavolta goduta insieme, in un cinema poco distante: l’Orfeo.
TARANTINO STUPISCE ANCORA
Torna la poliziotta più amata d’Italia con il sequel del capolavoro La poliziotta fa carriera. Edwige Fenech veste ancora una volta i panni di Gianna D’Amico nel nuovo film La poliziotta della squadra del buon costume con la regia di Michele Massimo Tarantino. Cast stellare per questa nuova produzione della Medusa: da Lino Banfi nel ruolo del commissario Scappavia, a Alvaro Vitali che interpreta l’agente Tarallo, con un cameo di Jimmy il Fenomeno nella parte del cliente del night club.
IL RUOLO DELLA DONNA
Questa volta Gianna dovrà vedersela con un giro di prostituzione gestito da una banda all’interno di un insospettabile locale dove l’intraprendente poliziotta si infiltrerà fingendosi una cantante. Il film, in cui è centrale il ruolo della donna, si snoda attraverso due percorsi paralleli: la figura della donna sminuita sia in chiave sessuale (il giro di prostituzione) che in chiave professionale (la poliziotta non ritenuta all’altezza di svolgere determinati ruoli rispetto ai colleghi uomini).
OGGETTO DEL DESIDERIO
Divisa la critica: da una parte l’accusa di essere un film a tematica femminista, dall’altra si condanna l’ennesimo assortimento di stereotipi e di luoghi comuni sulla donna. In effetti c’è da dire che in alcuni momenti del film – in particolare per il modo in cui la Fenech è spesso inquadrata – passa appena appena l’idea che la donna sia sostanzialmente oggetto del desiderio maschile e nient’altro.
LE CITAZIONI
Tra scene di azione e suspense, il film scorre con una certa continuità lasciando lo spettatore con il fiato sospeso grazie a un finale del tutto inaspettato. Non manca qualche citazione, come la scena in cui Lino Banfi e Alvaro Vitali si travestono da donna per entrare nel locale: un chiaro omaggio a A qualcuno piace caldo di Billy Wilder.
LA DOCCIA DELLA FENECH
Due i momenti chiave del film: la scena del lungo inseguimento e l’arresto dei malviventi, che richiama i celebri polizieschi statunitensi, e la scena della doccia della Fenech, che non ha bisogno di ulteriori commenti. L’opera di Tarantino offre uno spaccato della società moderna dove la donna, in particolare nel mondo del lavoro, si ritrova ancora – con gli anni ottanta ormai alle porte – a dover combattere contro i pregiudizi e le discriminazioni.
IL GRANDE LINO
Infine una parentesi su Lino Banfi, sempre più a suo agio nella parte del commissario di Polizia. C’è da scommetterci che presto lo vedremo in qualche film da protagonista in quel ruolo.
LE INQUIETUDINI ESISTENZIALI DI PIERINO IL MATTATORE
Un monumentale Alvaro Vitali è la colonna portante di quello che non esito a definire un capolavoro assoluto della cinematografia mondiale. Sto parlando di “Paulo Roberto Cotechino, centravanti di sfondamento”. Il nuovo lungometraggio di Nando Cicero esprime quel sapore antico che rimanda alla migliore ispirazione del drammaturgo Luigi Riccoboni, e alla scuola parigina della commedia dell’arte di fine ‘700.
ESTRO SPRIGIONATO
Vitali, chiamato qui alla difficile missione di confermare la sua natura di mattatore, riesce in questo film a disimpegnarsi egregiamente dal pur pregevole ruolo di Pierino, che pur avendone consacrato lo stile e la caratura interpretativa, a lungo andare rischiava d’imprigionarne la personalità e l’estro artistico.
ECHI SHAKESPEARIANI
Il doppio personaggio da lui creato, Alvaro/Paulo Roberto, è reso attraverso gesti talvolta ai limiti della nevrosi, tipica dei nostri giorni, che ne rivelano la psicologia complessa e travagliata, con chiari echi di shakespeariana memoria (i riferimenti a “Molto rumore per nulla”, resi grazie al sapiente uso di un linguaggio spesso onomatopeico e intriso di volgarità, si sprecano).
CICERO CHE NON E’ OLMI
Protagonista e comprimari agiscono e si muovono in un universo di situazioni dipinte magistralmente dal regista, in una sintesi corale che trova il suo embrione naturale soltanto in altre pellicole come “Novecento” di Bernardo Bertolucci, o “L’albero degli zoccoli” di Ermanno Olmi. Sebbene quest’ultimo ne esca assai ridimensionato dal confronto con l’ultimo lavoro di Cicero.
CARMEN, UNA MAGNANI CON LE TETTE
A tener testa a Vitali è poi una brillante Carmen Russo con soluzioni recitative che ne legittimano a pieno titolo l’iscrizione su quel solco già tracciato da attrici quali Anna Magnani a Monica Vitti. Non a caso, Roberto Rossellini ebbe a dire di lei ancor giovanissima: “Carmen? E’ Anna con le tette!”.
NESSUNO TOCCHI MANDINGO
Infine, appare una leggera forzatura, non me ne voglia nessuno, la volontà del regista d’inserire la tematica sociale legata all’emigrazione, all’accoglienza e all’integrazione, resa attraverso il ricorso alla figura dello stolto ed eccessivamente fisico maggiordomo Mandingo. A tratti caricaturale.
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