I mestieri più sono antichi, più sono belli. Perché sono radicati nella storia dell’uomo e rappresentano l’esempio più alto di arte intesa come modello di creazione. Gabriele che ha studiato al liceo Classico ed è laureato ha deciso nella vita di progettare e curare giardini filosofici, un’attività che coltiva (perdonate il gioco di parole) da quando era piccolo. Anzi minuscolo. Aveva appena 4 anni quando papà e soprattutto il nonno, che in quel di Mondello possedeva tante terre, gli insegnarono a ficcare le mani in profondità per piantare i semi. Hobby di famiglia insieme alla filosofia e allo studio in genere.

SOLLEVA LA NATURA, DIO E’ SOTTO

Gabriele è un giardiniere profano di terza generazione che sfrutta la terra per sfiorare il cielo. “Sono a metà tra il giardinaggio e l’architettura. L’arte di coltivare appartiene a un retaggio di migliaia di anni fa. Basti pensare ai giardini pensili di Babilonia, i primi esempi di progettazione risalgono addirittura al 3000 a.C., anche se il primo mitico giardino citato nei testi è quello dell’Eden“. La famiglia D’Arpa possedeva dei prati infiniti in cui insegnare la vita. E proprio quelli sono stati la prima vera scuola di Gabriele che insieme al nonno ha imparato anche come arredare ed esaltare gli esterni organizzando spazi e fiori. “Anche se lui lo faceva molto in stile anni ’20 e ora con le nuove tecnologie le cose sono cambiate. Lo studio così diventa parte integrante anche della vita di un architetto del verde”. Rastrello in una mano, libro di Bauman nell’altra. Il riassunto di un uomo che crede nella natura e nella cultura. Due rette parallele che devono necessariamente andare pari passo e che non si scontrano violentemente mai. Ed ecco che nasce un pensiero dietro ogni singola foglia. “Nei miei giardini tento sempre di inserire un tema. Può essere un colore o un tipo di impianto particolare. Non è un mero mettere piante e tirare linee”.

IL BUONO, IL BRUTTO … IL GIARDINO

La cura e l’interesse per la natura rappresentano una crescita interiore che poi si riflette su quella professionale. E ai lavoratori moderni si chiede quindi di andare oltre: di bruciare di passione e voglia di approfondimento. “Nella mia vita ho incontrato due tipi di giardinieri: chi se ne frega agendo soltanto in base agli ordini e chi si innamora del proprio mestiere provando a scoprirlo filo d’erba dopo filo d’erba. Al cliente bisogna spiegare le cure da effettuare, anche se antiestetiche. Ad esempio è stato scoperto negli ultimi decenni che lasciare le foglie per terra ri-energizza e potenzia il suolo tramite insetti, muffe e batteri”. Il concetto è semplice e profondo: bisogna guardare oltre e tornare in sintonia con la natura perché l’uomo, figlio delle rivoluzioni industriali, ha fino ad ora solo distrutto. “C’è un uso non etico delle risorse e siamo circondati da tantissimi agenti inquinanti senza saperlo. I pesticidi, ad esempio, sono veleni”.

LE CORBUSIER: DARE E AVERE

Fortunatamente le nuove generazioni sembrano aver capito che bisogna sempre restituire qualcosa alla natura dopo aver preso tanto. Troppo. “Il grande architetto Le Corbusier mi colpì con la sua filosofia. Secondo lui durante l’arredamento di un giardino bisogna restituire la porzione di terreno che si sottrae. Ad esempio utilizzando anche i tetti delle case. Una tecnica chiamata roofgardening“. Purtroppo però durante gli anni aumenta a dismisura la popolazione e lo sfruttamento di risorse. Nasce così una guerra silenziosa tra uomo e natura che molti neanche sanno di combattere. “In questa sfida io sto dalla parte dell‘equilibrio, perché l’uomo è parte integrante della natura e gli si chiede consapevolezza per quello che fa. Diceva qualcuno più famoso di me che ad ogni azione corrisponde una reazione”.

NATURA DOCET

Gabriele ha studiato sviluppo economico e cooperazione internazionale per diventare euro progettista. In seguito si è trasferito a Roma alla Quasar Design University e insieme ad altre associazioni ha sviluppato progetti dal sapore educativo come l’orto sociale installato alla scuola elementare Falcone. “Per sei mesi con bambini e insegnanti abbiamo studiato ecologia e coltivato la terra. Bisogna far riscoprire quell’agricoltura che una volta faceva parte del quotidiano. Non mangiavi se non producevi. Adesso nelle metropoli c’è più cemento che erba”.

GUERRIGLIA URBANA

Dopo l’esperienza romana Gabriele torna a Palermo, fonda con amici dei circoli culturali (come il P.y.c Palermo youth centre) provando a coinvolgere la cittadinanza con pratiche pirata di riqualificazione. “Con guerilla gardening e guerriglia cleanin abbiamo sistemato siepi, alberi e ripulito intere zone della città senza che nessuno ce lo abbia chiesto. Paradossalmente è considerata disobbedienza civile. Ma un trionfo è stata anche la riapertura della foresteria di Villa Trabia: una zona del parco più volte data alle fiamme e con all’interno elementi di amianto”. Dopo Villa Trabia l’incontro con Ortocapovolto, associazione che si occupa di orticultura urbana e quindi la creazione di spazi verdi all’interno delle città.

TRA NATURA E FILOSOFIA

Un progettista filosofico di giardini che tenta sempre di inserire qualche chicca new age all’interno dei suoi lavori. Ma sempre nel rispetto dell’opinione del cliente. “Come diceva un professore: l’insegnante è pronto quando l’alunno è pronto. Il nuovo concetto da instillare però è che la natura è sempre in movimento”. Al contrario dei giardini classici dove la flora è statica ed è l’uomo a controllarla arbitrariamente in base ai suoi gusti. Sistema che ha un impatto devastante sull’ecosistema. “Si ignora totalmente il concetto di habitat e specie. Un giorno ho conosciuto un grande uomo, pensatore e giardiniere francese: Gilles Clementes. Un genio che si studia nei libri. Abbiamo anche collaborato. Pioniere dei nuovi concetti di giardino in movimento in cui l’uomo non deve dominare la natura. In teoria infatti bisognerebbe modificare solo ciò che cresce spontaneo partendo dal concetto dei vuoti urbani: in ogni città ci sono palazzi crollati o terreni abbandonati e il verde ne prende sempre possesso. Ma se non sei bravo si rischia di far sembrare tutto in fase di abbandono”. Serve esperienza e sensibilità. Oppure essere il Leonardo Da Vinci dei giardini. “Ne esistono pochissimi al momento. Magari potrei diventarlo anche io”.

C’E’ UNA COSA CHE MI FA INCA**ARE

Ma di brutto. Mi salta quasi di mano il telefono. “Perché la gente non è in grado di capire il ritorno economico e psicofisico del verde che al momento è inteso soltanto come un bene di lusso e non come un’esigenza. Ogni volta che si deve investire su piante e fiori si storce il naso come se fossero soldi buttati. Vivere in contesti naturali fa bene fisicamente e psicologicamente. E se stai bene vivi meglio“.

 

di ALESSANDRO GERACI